Ultimo aggiornamento: 7 Luglio 2020

Fatale impatto contro il balcone di una villetta a schiera. La vittima è Stefano Rosa, ex pilota delle Frecce Tricolori

di Federico Guiglia
da corriere.it – 20 novembre 2008 [ fonte ]

MILANO – Era impegnato in una serie di acrobazie, nell’ambito di alcune esercitazioni di volo, l’aereo precipitato giovedì mattina (un Siai Marchetti SF260) dopo essersi schiantato contro il piano superiore della casa di un gruppo di quattro villette a schiera a Rozzampia. L’incidente è avvenuto a circa 300 metri dalla pista di atterraggio dell’aeroporto di Thiene (Vicenza). Il pilota, il comandante Stefano Rosa, ex Frecce Tricolori, è morto carbonizzato.

LA DINAMICA – Al momento dell’incidente, il proprietario dell’abitazione, un poliziotto, si trovava nel garage e ha solo sentito un boato provocato dall’impatto del velivolo contro il balcone della sua abitazione, mentre la moglie pare fosse in una stanza al piano terra. L’aereo ha “centrato” la camera della figlia di 13 anni, che invece era scuola. Il velivolo, finito nella stanza con la parte anteriore, ha preso fuoco e il pilota è morto carbonizzato. I vigili del fuoco, intervenuti tempestivamente, hanno spento l’incendio prima che le fiamme si propagassero per l’abitazione. I resti dell’aereo e la villetta sono stati posti sotto sequestro. Sul luogo dell’incidente sono intervenuti i carabinieri di Thiene e personale dell’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo che conduce l’inchiesta tecnica di competenza.

EX FRECCE TRICOLORI – La vittima è Stefano Rosa, ex Frecce Tricolori, era solista di una pattuglia acrobatica civile. Oltre al volo coltivava un’altra grande passione, il golf, di cui è un vero fanatico. Nell’Aeronautica Militare aveva prestato servizio presso il Corso Vulcano 3°. Stefano Rosa aveva 47 anni, era nato a Senigaglia (Ancona) e risiedeva a Gradiscutta di Varno (Udine). Con altri tre piloti aveva appena finito di provare alcune figure acrobatiche per una prossima manifestazione. I quattro erano scesi all’aeroporto Ferrarin di Thiene. Rosa, però, era subito risalito per allenarsi un altro po’ da solo. Secondo le testimonianze, l’aereo volava a bassa quota, in assetto molto inclinato, quando si è schiantato contro la villetta.

Si schianta ex pilota delle Frecce Tricolori Il sindaco ferma i voli: Troppo pericolosi

da repubblica.it – 21 novembre 2008 [ fonte ]

VICENZA – «Da tempo avevamo segnalato il pericolo, ed è successo…». Luca Zanivan abita a cinque metri dalla villetta di Rozzampia, frazione di Thiene, contro la quale ieri mattina si è schiantato con il suo aereo Stefano Rosa, ex pilota delle Frecce tricolori, morto nell’ impatto. Vivi per miracolo gli inquilini della casa. Hanno avvertito uno schianto fortissimo e poi un’ esplosione. Sono fuggiti prima che le fiamme li divorassero. «Una scena terribile», racconta Ivano Barbieri, presidente del comitato di quartiere, arrivato sul posto subito dopo l’ incidente. Rosa, 47 anni, originario di Senigallia, volava con i Breitling Devils, pattuglia acrobatica nota a livello internazionale. Ai tempi delle Frecce Tricolori, nel 1988, era scampato all’ incidente di Ramstein, in Germania: all’ epoca persero la vita, durante l’ esibizione, tre piloti della squadra acrobatica italiana e 67 spettatori. Altre mille persone rimasero ferite. In seguito Rosa aveva lavorato nell’ aviazione civile, come pilota degli aerei della compagnia di Niki Lauda. Ora il sindaco di Thiene, Marita Busetti, della Lega, ha vietato i voli acrobatici sul territorio del comune. Ma solo due giorni fa i residenti del caseggiato erano stati da lei per lamentarsi. «I voli a bassa quota negli ultimi tempi si erano fatti frequenti – racconta Barbieri – e noi avevamo paura». Zanivan, invece, si considera un miracolato. «Solo cinque metri e avrebbe colpito la mia villa. Per fortuna i nostri vicini sono rimasti illesi». Il velivolo, un Siai Marchetti Sf del 1960, è penetrato per metà nella camera da letto di una bambina di tredici anni, che in quel momento era a scuola. Il locale è andato completamente distrutto, i vigili del fuoco hanno faticato a trovare i resti carbonizzati del pilota. La madre della piccola invece era nella stanza attigua. Anche il papà, poliziotto alla questura di Vicenza, era in casa: entrambi sono miracolosamente illesi. La famiglia è stata ospitata temporaneamente in un alloggio messo a disposizione dal Comune. La loro casa, invece, è stata dichiarata inagibile e posta sotto sequestro. Secondo le testimonianze, prima di schiantarsi contro la villetta l’ aereo avrebbe volato con l’ ala inclinata, e a bassa quota. Sul caso i carabinieri e i vigili del fuoco hanno già compiuto i primi accertamenti, che saranno trasmessi in procura. Anche l’ agenzia nazionale sicurezza volo ha aperto un’ indagine. (da. ca.)

Aereo su una casa, muore ex solista della Pan

Uno schianto fortissimo, un’esplosione, poi il fuoco: questo hanno avvertito gli abitanti della villetta di Rozzampia (Vicenza) nella quale si è infilato l’aereo condotto da Stefano Rosa, morto nell’impatto. Rosa, ex pilota delle Frecce tricolori, adesso volava con i Breitling devils, pattuglia acrobatica. Quando faceva ancora parte delle Frecce era sfuggito all’incidente di Ramstein, avvenuto nel 1988 in Germania, in cui persero la vita, durante un airshow, 3 piloti della squadra acrobatica italiana e 67 spettatori, mentre altri mille rimasero feriti.

da messaggeroveneto.gelocal.it – 21 novembre 2008 [ fonte ]

VICENZA. Una scena impressionante, impossibile da dimenticare. L’aereo che si abbassa e si schianta contro la porzione centrale di quattro villette a schiera. Un botto impressionante. Poi le fiamme e il fumo. Il poliziotto di quartiere della questura di Vicenza Daniele Dal Santo era in garage e ha sentito tremare la casa. La moglie, Valeria Ialongo, era nella stanza a fianco e ha sentito un boato, come se fosse scoppiata una bomba.

Erano le 11,25 di ieri quando hanno rischiato la vita. L’aereo pilotato da Stefano Rosa si è abbassato troppo e ha colpito in pieno la facciata della loro abitazione, entrando con la carlinga fin nella camera da letto della loro figlia Gloria, di 13 anni, che a quell’ora era scuola. Per Rosa, 47 anni, ex ufficiale dell’Aeronautica e per anni gregario sinistro della formazione delle Frecce tricolori, non c’è stato nulla da fare. L’impatto è stato violentissimo, e sono dopo l’urto è scoppiato un furioso incendio.

Il dramma è avvenuto in via Rozzampia, nell’omonima frazione di Thiene, a due passi dall’aeroporto Ferrarin. Faceva parte della pattuglia acrobatica civile “Breitling devils”, nota a livello internazionale, con altri 4 colleghi e ieri mattina si stava esercitando con loro. Aveva appena concluso un’attività di addestramento, ed era atterrato con gli amici al Ferrarin. Aveva salutato Sergio Maron, titolare della scuola di volo acrobatico, ed era ripartito: «Faccio un ultimo giro da solo», erano state le sue ultime parole prima di salire sul Siai Marchetti SF 260 sdel 1960, che pilotava da anni, con grande esperienza. Un aereo difficile, spiegano gli esperti, ma adatto alle evoluzioni. Pochi minuti dopo lo schianto. L’incidente, al quale hanno assistito alcuni testimoni, è avvenuto a qualche centinaio di metri in linea d’aria dalla pista del Ferrarin.

L’allarme è stato immediato. A Rozzampia sono arrivati l’ambulanza del Suem, due squadre di vigili del fuoco di Vicenza, i carabinieri di Thiene, la polizia locale, le volanti della questura. Per Rosa si è subito compreso che non c’erano speranze: è morto carbonizzato fra i resti dell’aereo, ridotto a un ammasso di lamiere contro il poggiolo della villetta. Dal Santo e la moglie sono rimasti illesi, pur spaventati.

Stefano Rosa era ai comandi dell’Aermacchi Mb339 Pony 7 il 28 agosto 1988, quando nel cielo di Ramstein avvenne la terribile tragedia, che provocò la morte di tre piloti delle Frecce tricolori. Eppure lo stuggente dolore per la morte degli amici (era molto legato a Ivo Nutarelli) riusciva a custodirlo nel suo cuore, difficilmente parlava di quanto era accaduto davanti ai suoi occhi.

Ora per un assurdo gioco del destino ha trovato la morte tra le fiamme che hanno avvolto il Siai Marchetti sul quale stava allenandosi, schiantandosi contro una villetta.

Rosa era nato a Sinigallia il 10 gennaio 1961, ma da quando era stato mandato alla Pan aveva scelto Gradiscutta di Varmo per vivere. Era sposato con una canadese: Glenda May Sperling, dalla quale nel 1991 aveva avuto il figlio Alex James. Quest’ultimo si trova negli Stati Uniti, dove oltre a frequentare un college, era iscritto a una scuola di volo e voleva seguire le orme paterne.

Era entrato nell’Accademia aeronautica e aveva frequentato il corso Vulcano 3º, poi era stato in Canada per seguire i corsi di pilotaggio sul velivolo Ct-114 Tutor, e sucessivamente era stato abilitato per volare con i Fiat G91/t e con l’F104. A Cottesmore aveva frequentato il corso sul Tornado PA200 e assegnato al 154º Cbs di Ghedi. Nella Pan si è esibito in ben 140 esibizioni ufficiali. Lasciata l’Aeronautica militare trovò subito lavoro con la Lauda Air, compagnia che poi si è trasformata in Livingstone, dove era ancora occupato.

«L’avevo sentito solo un’ora prima – racconta Carlo Baron, che per moltissimi anni è stato il comandante degli specialisti del 313º gruppo addestramento acrobatico –. Doveva raggiungerci a Jesolo, dov’era in programma una partita di calcio. Era da sempre la mezzala della formazione. Lo ricordo come una persona eccezionale, qualsiasi cosa facesse riusciva a farla ai massimi livelli. Oltre al volo aveva un’altra grande passione: il golf. Era diventato un fanatico di questo sport, ma prima ancora aveva praticato il tennis, riuscendo a risultare sempre uno dei più bravi».

Ma tutto ciò che era estremo lo affascinava: dalle grandi altezze alle profondità degli abissi. Aveva al suo attivo centinai di immersioni subacquee. Ma amava anche la musica: il suo cantante preferito era il “Boss” Bruce Springsteen, che aveva seguito in occasione della sua ultima esibizione a Villa Manin.

Rosa aveva fatto parte dei Red Bulls, a bordo dei Sukoi, fino all’incidente di Lignano, e dall’inizio dell’anno faceva parte del team acrobatico Bretling Devils, del quale era una “colonna portante”. La pattuglia acrobatica che doveva continuare la tradizione tarcciata nell’ormai lontano 1990 dalle Alpi Eagles.

Un formazione nuova, ma non per quanto riguarda il presidente, piloti e speaker. Il presidente è Ambrogio Delachi, primo sostenitore del team e poi ci sono il comandante Angelo Boscolo, nel ruolo di leader e capoformazione; comandante Stefano Giovannelli team manager, gregario sinistro e leader alternato; il comandante Beppe Liva, gregario destro e responsabile dell’addestramento; il comandante Mario Ferrante, gregario sinistro e solista alternato; il comandante Dimitri Marzarolli, gregario destro; il comandante Pierluigi Fiore, gregario destro; il comandante Stefano Miotto “Fanalino”. E poi il comandante Stefano Rosa, solista e gregario sinistro alternato.

Otto piloti per cinque aerei, questo per avere la certezza di presentare al proprio pubblico uno spettacolo sempre completo, in quanto quasi tutti i piloti sono comunque impegnati nella loro attività ai comandi di velivoli di linea o di aerei militari.

La sede dei Breitling Devils è situata all’aviosuperficie di Thiene, dove purtroppo è avvenuto il tragico incidente. E dove ieri mattina si svolgevano i voli di addestramento, conclusi poi in maniera tragica.

Muore asso dell'aeronautica

Stefano Rosa, un professionista esperto che "parlava" con gli aerei

di Valerio Bassotto
da Il Gazzettino, 21 novembre 2008

Dava del tu agli aerei da trent’anni, Stefano Rosa. E la notizia dello schianto che gli è costato la vita il 20 novembre a Thiene (Vi), ha tutte le sembianze di un tragico paradosso per un predestinato al volo: in Aeronautica appena diciottenne, otto anni più tardi, nel 1987, l’approdo nel “sancta sanctorum” dei piloti, la Pan, pattuglia acrobatica nazionale. Un anno prima della tragedia di Ramstein, in cui morirono tre piloti e una sessantina di spettatori. Nel giro di qualche anno Stefano, un marchigiano di Senigallia che in Friuli troverà casa e affetto mettendo radici a Gradiscutta di Varmo, un paesino a sud di Codroipo, 25 km a ovest di Udine, dove fino all’altro ieri viveva vicino alla moglie canadese Glenda May e al figlio, completa la trafila diventando “solista” delle Frecce Tricolori.

Tre anni intensi, dal 1992 al ’94, nel pieno della maturità professionale e umana. Il capoformazione di quegli anni, Gianluigi Zanovello, lo ricorda come un pilota meticoloso ma anche “moderno nell’approccio alla guida del velivolo, che sapeva mettere in evidenza la fantasia senza lasciare mai nulla al caso”.

Con il grado di tenente colonnello, a metà degli anni novanta Rosa lascia le Frecce e si trasferisce a Pratica di Mare. Conclusa l’esperienza militare, passa all’Aviazione Civile nelle linee aeree dell’ex ferrarista Niki Lauda. Ma la sua esperienza acrobatica fa gola a molti. E così Rosa finisce per accettare la proposta della Breitling Devils, una pattuglia acrobatica civile, lavorando come Responsabile Addestramento della Livingstone. Stefano, con i suoi 47 anni, era il pilota più esperto della pattuglia, con la quale stava rivivendo le emozioni dei tempi delle Frecce.

“Non faceva vita di paese” – spiega il vicesindaco di Varmo, Sara Chittaro, nel commentare la tragedia – “perchè era spesso all’estero, in Canada, in Messico per motivi di lavoro”. Stefano Rosa, quando poteva amava giocare al golf. Come era accaduto tre settimane fa: “Mi aveva riaccompagnato a casa – ricorda ancora il vicesindaco – perchè avevo avuto un piccolo incidente. Avevamo giocato a golf assieme e lui era un grande appassionato”.

Momenti indimenticabili, quelli vissuti da Stefano nela Pattuglia Acrobatica Nazionale, che ha sede nel cuore del Friuli. Tanto è vero che il provetto pilota continuava a frequentare i vecchi compagni di volo e si disimpegnava bene anche nella squadra di calcio delle Frecce tricolori. Un numero “dieci” che – assicura il colonello Carlo Baron, friulano di Pradamano – sapeva distinguersi in qualsiasi disciplina sportiva. E che ieri sera era atteso a Jesolo per un match calcistico tra “frecce tricolori” di ieri e di oggi. Un appuntamento che lo schianto di giovedì 20 novembre mattina, a Thiene (VI) ha cancellato per sempre.

Scampato a Ramstein si schianta sulla villa

da Corriere della Sera, 21 novembre 2008, p. 19

Com.te Stefano ROSA alias “Stevie”
Ten.Col. Pil. già gregario Sx n° 7-4 e Solista delle “Frecce Tricolori”

di Gigi Zanovello
da “Circolo della PAN” – Notiziario riservato ai Soci del Circolo della Pattuglia Acrobatica Nazionale
anno 11 – n° 17 – 1/06/2009 – p. 3 e segg.

[Ve 21/11/2008]. Il telefonino squilla. Un occhiata al visore per vedere chi “rompe”.
“Pasqualino… che bella sorpresa… qual buon vento?” … Silenzio.
“… mica mi stai chiamando per auto invitarti a cena con la truppa??”
“non ho una gran notizia da darti Gigi…” con voce quasi rotta.… Silenzio. … “Stevie”.
La carrozza del “28”tipo di motrice a carrelli ispirato al modello americano Peter Witt in uso ancor oggi a Milano(1) arriva di colpo e scarica tutta l’energia cinetica delle sue 15 tonnellate di peso direttamente alla bocca dello stomaco.
Sparisce il respiro, la gola si fa di colpo secca, lo sguardo diventa fisso e incredulo ed ecco arrivare il solito, ripugnante senso di nausea. E poi la paura. La paura di non essere più in grado di rivedere quella persona, quell’amico fraterno.
Insomma quelle sensazioni ben conosciute che coloro che vivono nell’ambiente aeronautico provano alla notizia di un incidente, della scomparsa di uno di loro.
E pensare che dopo 25 anni di AM, dei quali 10 passati in PAN, all’età di 52 anni ero convinto che non avrei più provato sensazioni e sentimenti del genere. La vita alle volte è proprio bastarda.
Stefano Rosa l’ho conosciuto una sera del’87. Lui e Francesco erano arrivati da poco e seppure gli avessi incontrati prima, non avevo ancora avuto modo di scambiare due chiacchiere con calma. Eravamo nella saletta della ex mensa sottufficiali, la luce fioca dei neon. Mi ricordo questo ragazzo minuto, il bavero del giubbotto alzato. Mi ricordo la discrezione, il suo riserbo, il suo sorriso e…  l’energia che emanava.
In quei momenti c’è tanto e c’è poco da dire. E allora… “giochi a calcio? Abbiamo bisogno di qualcuno di “peso” davanti…sai com’è… abbiamo un Mister molto esigente…”
Quelli erano stati i primi scambi… Non sono in assoluto colui che conosce meglio Stefano Rosa come uomo. Ma come suo collega prima, come suo Leader in volo e Comandante poi, credo di aver conosciuto bene le sue qualità.
La competitività e la passione. “Never challenge a fighter pilotFrase spesso menzionata dagli istruttori della Fighter Lead In di Holloman, molti dei quali reduci dalle 100 e più missioni di guerra in Vietnam”.
Stefano era uno a cui piaceva gareggiare (e vincere). Era un competitivo nato ed era un perfezionista mai pago. Non accettava alcun compromesso da questo punto di vista. Pretendeva da se stesso sempre il massimo e se non fosse stato per l’umanità che lo caratterizzava, non avrebbe accettato se non il massimo anche dagli altri. Ma comprendeva le esigenze di quanti gli stavano intorno e capiva bene che non tutti potevano essere dotati quanto lui. E allora se ne usciva con le sue “arti magiche”, la sua complicità, la sua simpatia, la sua passione, cosi pura e esplosiva, riuscendo a far digerire gli sforzi più incredibili per far eccellere anche più… pigri.
Quando da Comandante gli facevo da biga, avevamo la nostra piccola sfida. Il “contendere” consisteva nel verificare se Stefano sarebbe riuscito a riportare l’aereo a terra con il motore al minimo e mezzi “freni” fuori, dal momento in cui io gli dicevo “ora Stevie”, simulando cioè una piantata motore. Naturalmente in palio c’era la “faccia”. Io gli dicevo che non ce l’avrebbe fatta e lui naturalmente sosteneva il contrario.
E cosi, nel bel mezzo di un lomchovak, durante la tirata per la scampanata o un rientro dal tonneaux lento… “ora Stevie”.
Inutile dire chi alla fine vinceva.
Un vero pilota da caccia. Un gran gregario e solista. “…left is best…”Frase riportata sul posteriore del casco di volo dei “sinistri” per alcuni anni dal ’86 in poi.
Stefano, insieme a Ivo NUTARELLI, è stato probabilmente il pilota più “aggressive” che io abbia mai conosciuto, intendendo con ciò quella capacità di attaccare, in maniera smaliziata e intelligente, le sfide che il volo ti propone ogni volta che sali a bordo, senza scorciatoie ne espedienti, senza mollare mai, senza tirarsi mai indietro, con imprevedibilità, coraggio e un pizzico di spavalderia.
Significa sapere, conoscere, comprendere nell’essenza ciò che si sta facendo, al di là delle capacità di pilotaggio squisitamente manuali, con un approccio al volo evoluto ed sviluppato, fatto di competenza e studio, applicazione e verifica.
“L’aggressiveness” è una caratteristica che fa spesso la differenza tra un risultato positivo e uno negativo, tra una vittoria e una sconfitta, tra una missione completata e una “persa” per strada.
Secondo alcuni è una delle qualità principali di cui un pilota da caccia dovrebbe essere dotato. E non tutti hanno la fortuna di possederla innata, di avere quella passione interna per le cose che si fanno, quella “passionalità” che permette di andare oltre e più.
Certo, nella sua vita privata Stefano era un tipo tranquillo e rilassato, sembrava tutto all’infuori di “aggressive”. Ma quando entrava nel suo “mondo”, ecco scattare la molla che lo rendeva cosi speciale.
Provate a chiederlo al suo alter ego calcistico: il suo “nemico/amico fraterno” Giorgio Quarta. Aleggiano ancora sui campi di calcio, le discussioni più o meno agguerrite che incorrevano tra i due, su chi doveva calciare quella palla, sul mancato passaggio smarcante a favore di un egoistico tiro in porta.
Energia pura e incontaminata. “…no ones is getting out of here alive… tonite…”
In Pattuglia, grazie al cielo, c’è un ricambio continuo e regolare. In tutto questo andirivieni si può trovare di tutto e di più, dalle personalità forti e eccessive, agli animi più tranquilli e introversi, alla
normalità più uniformata. Questa varianza fa sì, per dirla con le parole del Com.te BERNARDIS, che “… la Pattuglia di oggi sia meglio di quella di ieri e peggio di quella di domani…”. Una garanzia per il futuro.
Nelle profondità professionali però, ciascuno dei componenti della PAN sa dare il suo contributo, essenziale e rigoroso, che permette alle Frecce di “sedere” di diritto nel posto che occupa all’interno del panorama mondiale dell’acrobazia aerea.
In ogni caso non c’è dubbio che ci sono personaggi e personaggi e che qualcuno lasci un segno più marcato degli altri.
Stefano è stato uno di quelli che senz’altro pochi dimenticheranno. Stefano è stato forse il primo solista (perlomeno il primo per quanto mi riguarda) che ha capito quanto fosse importante la “formazione” con la quale volava al fine di esaltare quel numero 10 per il quale molti lo ricordano. Aveva capito bene che non esisteva alcun grande solista se non era presente, dall’altra parte, una grande “formazione”.
Lo aveva capito bene sin da quanto volava come “sinistro” nei dieci.
Di qui la sua voglia di perfezionare sempre più quei meccanismi che rendevano e rendono ancora la PAN una vera e grande formazione acrobatica.
Steve non era mai contento e per questo si impegnava, sia fisicamente, sia mentalmente, per cercare nuove vie, nuovi modi per ottimizzare quel meccanismo oliato ed efficiente, solo apparentemente “perfetto”, che è l’addestramento al volo della formazione Pony.
Questa sua energia primaria, che poco faceva trasparire, esplodeva poi, razionalizzata e strutturata, con proposte, suggerimenti e imbeccate verso i colleghi con i quali lavorava quotidianamente.
L’energia permeava ogni sua attività, non solo quella professionale. Lo si poteva verificare nei momenti in cui ci si trovava in mezzo alla gente. La sua umanità, la sua generosità e disponibilità, venivano percepite immediatamente da quanti lo circondavano. E nasceva subito un rapporto quasi intimo con questo uomo/ professionista, pregno di rispetto, simpatia e affetto.
Mi sento onorato di essere stato suo Comandante. Come collaboratore aveva le qualità che ogni Leader si augurava: rispetto, onestà, chiarezza e trasparenza, supporto e critica.
Non è stato sempre facile contenere questa sua energia, tanto era straboccante. Mi ricordo di discussioni lunghe e impegnative, ove ciascuno presentava il proprio punto di vista, la propria visione su come fare, costruire, intraprendere, con ostinata testardaggine.
Purtroppo la poltrona di Comandante alle volte ti pone di fronte a delle scelte difficili da digerire anche per se stessi. Si vorrebbe sempre spingere e avere il massimo.
Ma alle volte bisogna aspettare, temporeggiare e lasciare che il tempo maturi i germogli che si erano seminati. E alle volte, soprattutto quando ti trovi di fronte a delle personalità come Stefano, era difficile dire di no. Ma in questo Stevie stesso mi aiutava, capendo quale era davvero la situazione.
E quelle discussioni allora si trasformavano in uno di quei rari momenti della vita nei quali, al di là delle differenze di grado, età ed esperienza, nasceva un rapporto di amicizia vero, fatto di sguardi ed intese, di intimo rispetto e stima.
Voglia di vivere all’ennesima potenza.
Ma Stefano era soprattutto uno che godeva della vita. Si capiva da come l’affrontava, con quel misto di serietà e presa in giro, si capiva dal senso “ludico” e scanzonato con il quale fronteggiava le questioni che gli si presentavano ogni giorno di fronte.
“Stefanaulo” voleva bersi ogni istante della vita “come se fosse l’ultimo” e in questo riusciva a coinvolgere chi gli stava vicino. E la sua risata (chi non se la ricorda!) era la rappresentazione e la traccia forse più rappresentativa di questo suo modo di vivere e lasciarsi andare al senso della vita.
Mi ricordo che quando la sera si tornava da qualche incontro, visita ufficiale, o più semplicemente da una manifestazione, e magari si era stanchi, apatici e vogliosi solo di un letto su cui riposare, qualcuno lanciava sempre l’idea di farsi l’ultimo “pistone” (per dirla come faceva il “nonno”), l’ultimo boccale di birra prima di andarsene in camera. C’era chi ci stava e chi no.
Stefano era sempre del gruppo, magari standosene in silenzio in un angolo a osservare e meditare, ma era sempre li. Presente.
“…I’ve seen things you people wouldn’t believe. Battleship on fire off the shoulders of Orion, and I watched C-beams glitter in the dark of Tannhauser gate.. All these moments will be lost, like tears in rain..”
E ora cosa rimane? … Ognuno di noi ha un suo modo per elaborare un lutto, per superare un momento difficile come questo, per ricordare, passato il momento che lascia senza fiato, colui che se n’è andato.
Il mio “modo” si manifesta con dei flashback, delle immagini che scatenano sentimenti, pulsioni ed emozioni molto energiche e intime al tempo stesso.
Alle volte basta la vista di un pacchetto di Marlboro rosse sul tavolo, la visione di due gabbiani che si rincorrono all’imbrunire, la calma silenziosa e ancora carica di emozioni di un aeroporto al termine di una manifestazione aerea, per infiammare la mente e farle rilasciare i ricordi.
Di Stefano ricorderò sempre, come fosse ora, la sigaretta che mi offriva al termine di ogni manifestazione ufficiale.
Mi veniva incontro senza fretta, apriva la cerniera del taschino sulla spalla sinistra, estraeva il pacchetto di Marlboro e con un gesto efficiente della mano mi offriva una sigaretta. L’accendevamo insieme e insieme, in silenzio, tiravamo due profonde boccate di fumo.
In quei momenti, scaricando l’enorme tensione che avevamo collezionato durante quei 25 minuti di volo, cominciavamo finalmente a razionalizzare quanto era accaduto, a percepire e gustare le sensazioni che ancora , tumultuosamente, si agitavano in noi. Il tutto durava in realtà solo pochi secondi, ma quei momenti sembravano eterni e tutto appariva surrealisticamente gaio.
Poi arrivavano tutti gli altri, si cominciava a scambiarci opinioni, sguardi, battute, pacche sulle spalle e quegli attimi lasciavano spazio alla realtà del momento , ai rumori circostanti, alla folla poco distante, alla materialità che ci coinvolgeva nuovamente.
Ma quelle boccate di fumo le sento ancora, nella testa e nel cuore.
Quando mi capitano questi flashback… allora mi viene da sorridere, sento il cuore battere e riesco a percepire la vita come dovrebbe essere per ciascuno di noi. L’aria che respiro diventa improvvisamente consistente e la sento salire e gonfiare il petto, quasi in un ultimo impeto vitale.
E come per un guerriero le ferite di una battaglia sono per lui il ricordo positivo ed evidente della sua ragione d’essere, cosi questi flashback sono per me il modo più naturale per commemorare ma anche per gioire di chi non c’è più. Facendolo forse rivivere per qualche istante. Senz’altro dentro di me.
Ciao Stefano, non ti dimenticheremo mai.

Gigi ZANOVELLO

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