Ultimo aggiornamento: 28 Settembre 2021
Le mitiche «Frecce Tricolori» alla mostra della Marittima
Agli studenti una lezione di «teoria dell'allenamento», nello sport come nella vita
di Franco Del Campo
da Il Piccolo, anno 115, n° 240, 16 ottobre 1996, p. 15
Sulle note di «Moon river» cantata dalla voce roca di Luis Armstrong le «Frecce tricolori» galleggiano dolcemente nell’aria, dando un senso di libertà e potenza. È questo lo sfondo di immagini e di musica che ha accompagnato l’incontro di un folto gruppo di studenti con due rappresentanti della mitica pattuglia acrobatica italiana, il tenente colonnello Pier Luigi Fiore e il maggiore Riccardo Rinaldi, nell’ambito della manifestazione «Il Tempo nello sport».
Ma cosa c’entra una pattuglia acrobatica con lo sport? C’entra eccome. Per pilotare e rendere docili quei mostri di potenza che sono gli Aermacchi MB 339, bisogna avere un fisico perfetto, riflessi e una preparazione da atleti di alto livello. Eppure questi «cavalieri dell’aria», che hanno fatto sognare generazioni di maschietti, che competono alla pari con i più famosi «top gun» a stelle e strisce, sono un concentrato di competenza e di modestia.
«Ci prepariamo e alleniamo quotidianamente – spiega il maggiore Rinaldi, 35 anni, – responsabile delle relazioni esterne – cercando una perfezione che sappiamo di non poter raggiungere mai. Qualsiasi risultato può essere migliorato, non ci accontentiamo mai e sicuramente non ci sediamo sugli allori».
Una piccola lezione di «teoria dell’allenamento», nello sport come nella vita, che gli studenti accettano di buon grado.
Com’è, invece, la vita di «spogliatoio», tanto per continuare la metafora sportiva? «I rapporti interpersonali sono molto importanti – spiega il tenente colonnello Fiore, 35 anni e “leader” del gruppo “Pony 1” – perché dobbiamo integrarci, imparare l’uno dall’altro, con modestia, indipendentemente dal rapporto gerarchico in cui comunque siamo inseriti. Indipendentemente dal grado tutti devono rispettare le difficoltà degli altri».
Si presentano così, eleganti e sorridenti, gli eredi della pattuglia acrobatica italiana che è nata negli anni ’30 e che nel 1960 ha dato vita alle «Frecce tricolori», con base a Rivolto, vicino a Codroipo. Le figure che riescono a comporre con i loro aerei tolgono il fiato, ma come tutti i gesti atletici perfetti sembrano facili e naturali, anche se vengono realizzate da «bestie» in grado di volare a 900 chilometri all’ora. Le domande degli studenti, però, incalzano. Qualcuno sciorina una competenza tecnica che lascia a bocca aperta gli ignari compagni di scuola, ma altri rivolgono domande che i giornalisti qualche volta hanno pudore di fare.
A cosa servono, in realtà, le «Frecce Tricolori»? La domanda non imbarazza il maggiore Rinaldi e la risposta è pronta: «Non soltanto acquistiamo una altissima competenza operativa, ma nelle nostre esibizioni andiamo a rappresentare il meglio dell’Italia all’estero, portiamo una competenza e una tecnologia che molti ci invidiano (l’MB-339 è stato adottato dalle forze aeree di 9 paesi, n.d.r.)».
Alla fine c’è anche chi, forse influenzato dalle polemiche sulla Finanziaria, non ha imbarazzo a chiedere quanto guadagnano i piloti da caccia. «Dai sette ai dieci milioni al mese… – afferma con un sorriso Rinaldi, mentre in sala c’è brusio e qualche fischio di ammirazione -. Ma sicuramente – aggiunge – non facciamo questo lavoro per i soldi, anche perché i piloti civili guadagnano quasi il doppio». «Personalmente – aggiunge il tenente colonnello Fiore, scherzando ma non troppo – per poter volare su questi aerei sarei anche disposto a pagare».
E così l’incontro si conclude tra autografi e richieste di consigli per sapere come si fa ad entrare in Aeronautica.
Gli studenti ascoltano i racconti dei rappresentanti delle «Frecce»
Lo stipendio delle «Frecce»
da Il Piccolo, anno 115, n° 261, 9 novembre 1996, p. 19
Il 14 ottobre le Frecce Tricolori hanno partecipato alla conferenza sul «Tempo Futuro» alla Stazione marittima di Trieste, come riportato sul giornale nell’articolo «Volando nel Tempo Futuro».
Leggendo l’articolo ho notato che il giornalista ha riportato: «Alla fine c’è anche chi, forse influenzato dalle polemiche sulla Finanziaria, non ha imbarazzo a chiedere quanto guadagnano i piloti da caccia. “Dai sette ai dieci milioni al mese…” afferma con un sorriso Rinaldi», frase che io ho detto in tono ironico e che, non riportando il seguito, modifica pesantemente il significato dell’affermazione stessa. Il seguito era: «Magari! Lo stipendio medio del pilota militare è di circa tre milioni al mese».
È facile rendersi conto che la frase riportata solo in parte trae facilmente in inganno il lettore.
Il Capo Ufficio P.R.
Magg. Riccardo Rinaldi