Ultimo aggiornamento: 12 Giugno 2021
Intervistiamo Renzo Plos, l’ex specialista delle Frecce Tricolori che quel 28 agosto 1988 era a Ramstein. Ci ha raccontato la dinamica e anche altri fatti interessanti.
di Igor Carta
da montaigne.altervista.org, 2 marzo 2015 [ fonte ]
La strage di Ramstein continua a far discutere, c’è poco da fare, nonostante siano passati più di 25 anni da quell’ orrendo fatto di sangue; benché si fosse subito bollato l’accaduto come una tragica fatalità, qualcuno ha continuato ad indagare e sono emersi, ma sarebbe più corretto dire che sono stati rispolverati, elementi già esaminati che si sono rivelati poi essere assai significativi; qualcuno si accorse già allora che non qualcosa, ma che tanto “non quadrasse”, e per quanto ne dicano coloro secondo cui questa storia è chiusa da tempo, per altri invece non lo è e non sarà altrettanto.
Renzo Plos viene da San Daniele del Friuli, ha prestato servizio nell’ Aeronautica Militare per dieci anni, dal 1980 al 1990, in cui operò a Rivolto, presso il 313° Gruppo Addestramento Acrobatico. Qualche anno fa le sue dichiarazioni, peraltro già rese davanti alla magistratura nel 1996, hanno fatto scalpore e provocato una serie di smentite categoriche; abbiamo così deciso di entrare nel dettaglio delle sue affermazioni.
Renzo, partiamo da lontano, sei entrato in Aeronautica nel 1980, poi la tua carriera come si è articolata?
Entrai alla scuola aeronautica di Caserta e frequentai per 10 mesi il corso per montatori; sarei andato in seguito ad occuparmi di quella che è la parte strutturale del velivolo e di tutto ciò che riguardava gli impianti, idraulico, pneumatico e quant’ altro.
Quando sei giunto alle Frecce Tricolori?
Al 313° Gr. arrivai nel 1981.
Eri presente anche il giorno del crash di Antonio Gallus? Se è così cosa accadde?
No , non c’ero, non ricordo se fossi in ferie o altro; Gallus fu una grave perdita, era un vero ufficiale gentiluomo, fu in seguito a quell’ evento che fu presa la decisione di pensionare subito il G91. Ho letto la dinamica che tu stesso hai descritto in passato, e da ciò che sentii poi nell’ ambiente è assai probabile che sia andata così.
Quali erano le tue mansioni alla P.A.N.?
All’ inizio gavetta nell’ hangar, poi chiesi di andare in linea volo dove svolgevo la mansione di capo velivolo. Il mio lavoro consisteva nel far trovare al pilota la macchina pronta al decollo, con i rabbocchi eseguiti e quant’ altro, firmavo poi il libretto che veniva controfirmato dal pilota dopo la sua ispezione pre-volo; se questi durante l’uscita riscontrava una qualche anomalia la segnalava, ed il velivolo veniva subito portato in hangar per le verifiche del caso.
Quali erano i piloti che hai assistito?
Andavamo un po’ a rotazione, curai i velivoli dei comandanti Salvi, Bernardis e Raineri, poi Molinaro, Brovedani, Giorgio Alessio, Ivo Nutarelli ma ho assistito soprattutto Giampiero Gropplero di Troppenburg.
Che ricordo hai di Ivo Nutarelli, di Giorgio Alessio e di Mario Naldini?
Tre grandissimi manici e tre ottimi professionisti, tutti ufficiali di complemento. Ivo era un salutista “talebano”; che ci si trovasse a Rivolto o in giro per le esibizioni a fine attività, che ci fossero 40°, la neve o la bora si faceva sempre la corsetta giornaliera intorno al perimetro della base. Giorgio…tu lo vedevi in giro, vestito come tutti i giorni e mai avresti pensato di avere davanti a te un pilota acrobatico, al massimo un chierico, non solo per l’aspetto, anche per l’atteggiamento. Mario Naldini non l’ho conosciuto molto bene, con Ivo, per dire, ci frequentavamo anche fuori dall’ambiente aeronautico; Mario era molto serio, puntiglioso, appassionato al suo lavoro e molto legato alla sua famiglia.
Com’ erano i rapporti tra Ivo e Mario?
Professionalmente ineccepibili, sul piano personale avevano caratteri non dico diversi né tantomeno agli antipodi, diciamo che viaggiavano su frequenze differenti. Ho letto che vi sarebbero state discussioni piuttosto accese sui fatti del 1980, ma non ero presente.
Andiamo a Ramstein, dove ti trovavi quel 28 agosto 1988, che cosa hai visto?
Fino al crash tutto si svolse come da programma senza il minimo intoppo, provarono sia il programma “alto” che il “basso”. Anche la domenica tutto procedeva come da copione, io assistevo Gropplero, che da qualche mese volava come “pony 6”; mi trovavo insieme a tutti gli altri specialisti nel piazzale che c’era tra la pista ed il bosco, e poi ho sentito Ivo arrivare alle nostre spalle, passò oltre per poi collidere con i velivoli di Naldini e Alessio sopra la pista.
Come è potuto accadere? Qualunque appassionato sa bene che quelle manovre sono studiate e concepite in modo da non rappresentare un’incognita.
Guarda non saprei, non mi spiego come possa averli centrati in quel modo quando aveva ben quattro possibilità di scampo, a destra, a sinistra, sopra se non addirittura sotto. Inusuale che avesse l’aerofreno estratto, stava cercando di rallentare e tentò all’ultimo una disperata manovra d’evasione, alla luce di ciò possiamo archiviare che fosse svenuto, in debito d’ossigeno o altro. Aggiungo inoltre che Ivo aveva già volato alla Flugtag di Ramstein, nel 1985 come “pony 2”, e nel 1987 come solista, conosceva bene il campo di volo, ergo anche quelle voci secondo cui sarebbe stato ingannato dagli alberi, dalle colline o dai pali della luce sono a mio avviso una montagna di boiate.
Ma dopo è successo anche altro, un fatto che in seguito ti porterà davanti al giudice Priore.
Sì, ovviamente con quel botto alcuni caddero nel panico, altri erano disorientati; gli aerei superstiti andarono ad atterrare nella vicina base di Sembach, quindi ci attivammo per andare a prestargli assistenza; perciò io ed il crew chief del “pony 9” provvedemmo a caricare sul pulmino che ci avrebbe riportato al comando della base tutti i corredi e le attrezzature dei velivoli. Quando giungevamo in un aeroporto per una esibizione, ogni velivolo veniva riportato dalla combinazione di viaggio, con pylon-tank da 325 lt ed eventualmente le tip-tank, alla configurazione per lo show, con le sole taniche per carburante e olio per i fumi. Le pylon tank venivano smontate e stoccate in un’ area idonea, mentre i “riscontri”, che servono per fissarle ai pylons, due per tanica, rimanevano con il resto del corredo, che comprendeva i tacchi per le ruote, la cappotta per il canopy, la “mutanda” per il sedile posteriore, le cappottine per le prese d’aria e in genere uno o due barattoli di olio.
Ebbene?
Avevo ritirato quasi tutto, ma giunto alla piazzola del “pony 10”, afferrando la borsa mi accorsi subito che era molto più leggera di tutte le altre; nella concitazione del momento non vi diedi troppo peso, solo in seguito cominciai a pormi delle domande.
Cosa sono esattamente e come sono fatti questi famigerati “riscontri”?
Sono degli elementi metallici a forma di “Y”, pesano 1-1,5 kg cadauno, e vengono impiegati a coppie per fissare le pylon tank, quindi quattro riscontri per aereo. Chissà dove sono finiti.
Sospetti che siano rimasti sul velivolo? Se è così avrebbero dovuto ritrovarli anche dopo la sciagura.
E’ quello che credevo pure io, ma non mi risulta che siano mai stati ritrovati. Ritengo che sia un fatto che debba essere chiarito.
Ma la questione dei riscontri era già uscita qualche anno fa, e vi furono anche secche smentite.
Ricordo bene, così come altrettanto bene ricordo ciò che ho visto; confermo ogni virgola di ciò che dissi allora, se qualcuno la pensa diversamente pazienza.
Quando maturasti la decisione di raccontare questi fatti davanti al magistrato?
Tutto cominciò durante un viaggio in Canada, nel 1991, quando incappai in una rivista in inglese riportante un articolo a firma di un giornalista tedesco, che parlava dell’incidente di Ramstein e della connessione con Ustica. Qualcuno sghignazzò, invece a me si accese la lampadina nel vero senso del termine; così presi contatto con un giornalista di Udine e con la corrispondente italiana di “Stern” a cui raccontai tutto, e precisai che le informazioni da me rese sarebbero dovute essere divulgate solo in caso della mia “dipartita”. Un fatto molto interessante che mi fece notare quella corrispondente fu un’intervista rilasciata ad un giornale tedesco da parte del Dott. Totaro, in cui lo stesso si dichiarava totalmente scettico sulla possibilità che i fatti di Ramstein fossero imputabili ad un errore umano.
Hai ovviamente conosciuto il Dr. Totaro, ufficiale medico a Rivolto dal 1976 al 1984, trovato poi impiccato alla maniglia della porta del bagno nel 1994?
Certamente, impiccato alla porta del bagno… io sentii anche al rubinetto del termosifone… comunque con modalità così assurde che fu impossibile non sospettare qualcosa, ma fu il “suicidio” di quel radarista di Otranto, Franco Parisi, la vera “ultima goccia”.
Quindi cosa accadde?
Per qualche settimana, erano i primi mesi del 1996, tentai di contattare direttamente Rosario Priore, ma senza esito, così decisi di andare a deporre davanti al pm di Tolmezzo, il Dr. Enrico Cavalieri, e all’allora comandante della stazione Carabinieri, Lucio Merlo. Grazie anche a loro riuscii ad incontrare Rosario Priore una settimana dopo, a Venezia. Finita la deposizione mi sentivo molto bene, leggero direi.
So di avertelo già domandato, ma secondo te cosa diamine è successo, perché quell’ orrenda collisione, tre piloti e 70 spettatori morti?
Davvero non me lo spiego; non capisco come abbia potuto un pilota meticoloso e dell’esperienza di Ivo sforare la quota d’apertura di 500 piedi, invece di un looping fare una quadra e soprattutto mangiarsi tutto il tratto livellato al suolo, dal bosco alla pista; stiamo parlando non di uno o due, ma di centinaia di metri. Ragionandoci sopra con altri, il fatto risultò talmente macroscopico da indurci addirittura a pensare che qualcuno, dal bosco, gli avesse sparato…
Cosa succederà secondo te in futuro?
So bene che ci sono degli accertamenti in corso sui fatti di Ramstein, ho raccontato più volte ciò che ho visto, e sono pronto a rifarlo in qualunque momento nelle opportune sedi.