Ultimo aggiornamento: 15 Settembre 2020

Presso Verona, un caccia tattico Amx è entrato in avaria mentre sorvolava un paese, a terra il velivolo si è spezzato in due andando a colpire l'edificio

Il pilota si era lanciato poco prima, gravissime ustioni alla poveretta

di Stefano Lorenzetto
da Corriere della sera, 5 febbraio 1992, p. 14

GAZZO (Verona) — Ancora da Villafranca. Ancora dal 3°Stormo. Ancora un aereo militare che cade su un edificio civile. Stavolta non su una scuola, come era accaduto a Casalecchio, nel Bolognese il 6 dicembre 1990 (dodici morti), ma su una casa colonica a Gazzo, nella Bassa Veronese.

Un caccia tattico Amx, con a bordo il solo pilota, ha concluso il suo volo a 30 chilometri dalla base di partenza andando a schiantarsi contro l’abitazione dei coniugi Glannino Longhi, 57 anni, falegname, e Marta Schiroli, 56. La donna è rimasta imprigionata in un mare di fuoco. Ora è ricoverata in condizioni disperate all’ospedale di Verona. Ha ustioni di secondo e terzo grado sull’80 per cento del corpo. I medici si sono riservati la prognosi.

Il tenente pilota Roberto Valoti, 26 anni il prossimo 13 febbraio, bergamasco, se l’è cavata con la distorsione di una caviglia e leggere bruciature alle mani e al volto. Guarirà in un mese. « È scosso e piange in continuazione — racconta tenente colonnello Emilio Mischiati, ufficiale del 3° Stormo —. Chiede notizie della signora ferita, sta pregando perché si salvi. Noi lo rincuoriamo. Più di così non poteva fare. Prima di lanciarsi fuori con il paracadute, ha superato tutti i limiti di sicurezza: ormai si trovava a duecento metri da terra. Ancora una frazione di secondo e ci avrebbe lasciato la pelle. Continua a ripetere che pensava di essere morto».

Valoti, da due anni di stanza a Villafranca, schierato con la Nato a Erhac, in Turchia, durante la guerra del Golfo, stava rientrando nella stessa base in cui, quel 6 dicembre 1990, avrebbe dovuto fare ritorno il pilota Bruno Viviani, precipitato con il suo Aermacchi sull’Istituto tecnico Salvemini di Casalecchio.

Secondo quanto ha riferito ai superiori, all’improvviso dal motore si è udito un gran botto e il velivolo ha subito perso quota. A quell’ora, erano circa le 11, l’apparecchio, reduce da una missione ricognitiva, si trovava su San Pietro in Valle, 850 abitanti, frazione di Gazzo, ai confini con il Mantovano. li tenente è riuscito ad evitare le ultime case del paese, puntando verso i campi avvolti da una fitta nebbia. Dopo l’impatto al suolo, l’Amx ha sbattuto contro una strada leggermente sopraelevata, impennandosi e spezzandosi in due: il muso è stato catapultato sulla casa dei Longhi.

In quel momento nell’abitazione c’era soltanto la moglie del falegname (la coppia ha due figli, sposati, che vivono in provincia di Mantova), Marta Schiroli, che arrotonda la pensione lavorando come sarta, era alla macchina per cucire quando è stata Investita dalle fiamme.

Il pilota, benché ferito, ha affrontato il rogo con una pompa per irrigazione trovata In cortile. Poi ha sfondato una porta che dà sul retro ed è riuscito a trascinare fuori la donna. L’ha presa fra le braccia, l’ha consolata per una decina di minuti, finché non sono arrivati soccorsi.

« È stato orribile — racconta Tito Berardo, un venditore ambulante che ha aiutato il militare —. Abbiamo sentito le urla disperate di quella poveretta, intrappolata nella stanza ». Quando il marito è tornato dal lavoro, ha trovato solo macerie.

Le indagini sulla sciagura sono state affidate al sostituto procuratore della Repubblica Angela Barbaglio. Anche l’Aeronautica ha aperto un’inchiesta. Dopo le medicazioni all’ospedale di Nogara, il pilota ha fatto ritorno al 3. Stormo.

Il cacciabombardiere Amx è stato progettato una decina di anni fa da Aeritalla, Aermacchi e dalla brasiliana Embraer. Costa circa venti miliardi. Quello precipitato ieri era praticamente nuovo. Come il primo, caduto nel giugno 1984.

Sotto sequestro il caccia caduto

da ricerca.repubblica.it, 6 febbraio 1992 [ fonte ]

VERONA – È sempre gravissima Marta Schiroli, la donna colpita dal caccia-bombardiere precipitato a Gazzo Veronese. I medici del centro “grandi ustionati” dell’ ospedale scaligero non hanno sciolto la prognosi.

Lui, il pilota, Roberto Valoti di Bergamo, è ancora sotto choc. Un uomo sconvolto che vive lunghe ore davanti al capezzale della donna devastata dalle ustioni di terzo grado provocate dal jet da “attacco diurno” Amx.

Servono a poco le premurose attenzioni dei compagni d’ arma al “Villaggio azzurro”, il centro residenziale riservato agli ufficiali del “Terzo stormo” di Villafranca. “Roberto piange come un bambino” racconta un amico ufficiale “non l’ ho mai visto così scosso”. Anche il tenente colonnello Emilio Mischiati parla di un uomo in crisi: “L’ho visto tremare a lungo. Proprio lui che non aveva mai versato una lacrima. Il suo chiodo fisso ora è la vita di Marta Schiroli. Non vuole che muoia e continua a domandare sue notizie. Mi spiace soltanto che, d’ora in avanti, questo ragazzo si porterà dietro un marchio molto pesante”.

Non serba rancore nemmeno Giannino Longhi, il marito di Marta Schiroli. Dopo uno scatto d’ira riconosce al pilota di aver tentato l’impossibile: “Non poteva precipitare in un campo, qualche metro più in là?” domanda ai cronisti che lo circondano. Per ammettere subito dopo: “Però che coraggio buttarsi nelle fiamme per salvare Marta. Sono grato a quell’uomo”.

A Giannino Longhi, rimasto senza casa, il sindaco di Gazzo ha assicurato un alloggio durante il restauro della sua abitazione che sarà sostenuto a spese del Comune.

Intanto, alle 11,45 di ieri mattina sul luogo dell’incidente è arrivata la commissione d’inchiesta nominata dall’ Aeronautica militare e presieduta dal colonnello Giulio Cacciatore. Nell’ampia area del disastro aereo che circonda la casa bruciata, i tecnici dell’ Aermacchi ed ufficiali dell’ Arma azzurra hanno ispezionato ogni particolare. Ma il sostituto procuratore Angela Barbaglio, che ha aperto un’inchiesta parallela per riscontrare eventuali responsabilità penali, ha messo sotto sequestro ogni frammento del caccia-bombardiere Amx, impedendo il prelievo dei relitti.

Al di là dell’ impenetrabile cordone di sicurezza con gli uomini dell’ Aeronautica in tuta mimetica, lo spettacolo è desolante: ma la casa pericolante ridotta ad un cumulo di macerie e l’acre fetore di cherosene e di erba bruciata. La consegna è assoluta: nessuno può passare. Bocche cucite anche sulle cause del disastro.

Parla il pilota del caccia

da Corriere della sera, 6 febbraio 1992, p. 14

VILLAFRANCA (Verona) — Ne hanno fatto un eroe. Lui dice: «Ho fatto il mio dovere». Roberto Vaioli, 26 anni, pilota di stanza a Villafranca, è prostrato. Sa di aver salvato la vita a Marta Schiroli, 56 anni, ma non si riconosce meriti.

«L’aereo è andato in stallo — racconta — e ha perso quota. Ho puntato verso i campi, mi sono lanciato all’ultimo secondo. Dalla nebbia è spuntato soltanto allora un edificio: speravo fosse una stalla», si tormenta. Il suo caccia AMX, precipitato l’altro ieri nella Bassa veronese, ha ridotto in cenere la casa della donna. «Quando, tra le fiamme, sono riuscito a sfondare la porta — continua — la signora mi è corsa incontro urlando: “Caro, caro, sei venuto a salvarmi. Portami fuori che brucio”».

da gazzettaufficiale.it [ fonte ]

Con decreti 6 marzo 1992 del Presidente della Repubblica, sulla proposta del Ministro della difesa, sono state concesse le seguenti medaglie al valore aeronautico:

Medaglia d’oro

Ten. AArn CPL Roberto Valoti, nato a Bergamo il 13 febbraio 1966. – Comandante di AM-X affrontava una grave emergenza di volo a bassa quota con professionale determinazione. Per evitare di abbandonare l’aeromobile al disopra di una fitta cortina di nebbia e dirigerlo su una zona disabitata, decideva di restare ai comandi e rimandare fino al limite estremo il momento del lancio, che eseguiva quando percepiva il primo contatto con i sottostanti ostacoli. Liberatosi del paracadute si accorgeva che l’aeromobile, dopo essere rimbalzato, aveva causato l’incendio di un casolare. Benché ferito raggiungeva l’abitazione in fiamme e traeva in salvo una donna gravemente ustionata. In condizioni di volo particolarmente difficili il tenente Valoti dimostrava singolare perizia ed esponeva coscientemente la propria vita ad eccezionale rischio. Raro esempio di coraggio, sprezzo del pericolo e generoso altruismo da cui deriva onore e prestigio per l’Aeronautica italiana.
– Cielo di Verona, 4 febbraio 1992.

Medaglia di bronzo

Ten. col. AArnn in s.p.e. Maurizio Lodovisi, nato a Comugnano (Bologna) il 30 luglio 1953. – Pilota sperimentatore responsabile della condotta di una missione addestrativa con velivolo biposto, al verificarsi di una gravissima avaria, che per la quota e la posizione impediva il raggiungimento di un aeroporto alternato, dirigeva prontamente il velivolo verso il mare eseguendo contestualmente tutte le possibili azioni intese a risolvere l’emergenza. Perfettamente consapevole della necessita’ di abbandonare il velivolo, ed avendone il controllo, agiva in modo da evitare che la caduta incontrollata potesse coinvolgere abitazioni e persone sottostanti. Solo quando certo che la traiettoria da lui impostata avrebbe condotto il velivolo sul mare ordinava il lancio all’ufficiale navigatore, pilotava fino all’ultimo istante la caduta dell’aeromobile e si lanciava solo poco prima dell’impatto con l’acqua. Generoso esempio di eccezionale perizia, di singolare coraggio e di grande altruismo.
– Cielo di Latina, 16 luglio 1991.

Medaglia d'oro a pilota d'aereo

da Corriere della sera, 28 marzo 1992, p. 17

VERONA — Il presidente Cossiga consegnerà oggi a Linate la medaglia d’oro al valore aeronautico al tenente pilota Roberto Valoti. Questi, dopo essersi catapultato fuori col seggiolino eiettabile dal suo aereo in panne, pur ferito a una gamba entrò nel casolare dove si era schiantato il suo velivolo e trasse in salvo una donna.

Per la coda d’aereo collocata tra i cimeli son ritornati a Nembro due “nostri” piloti

da Il Nembro, anno 105°, n° 10, novembre 2016, pp. 8 e segg.

Grazie alla collocazione nel “Luogo della Memoria” della “deriva” (o parte della coda) di un aereo, si sono visti insieme a Nembro (come in precedenza assai raramente, o mai, era capitato) due “nostri” piloti di spicco: il colonnello Valentino Savoldi, che, dopo essere stato sui Tornado e su altri velivoli per partecipare ad importanti missioni militari, è adesso istruttore a Roma, nei “quartieri alti” dell’Arma “azzurra”; e Roberto Valoti, il quale ora è, oltre che istruttore, comandante di aeromobili sulle principali linee dell’Alitalia, ma, soprattutto, in un tempo ormai abbastanza lontano, per la sua “perizia” e per il suo “coraggio”, dimostrati in una drammatica circostanza, ha avuto una speciale medaglia d’oro dall’Aeronautica militare, prima di essere chiamato a far parte delle Frecce tricolori.

[…]

Visto che sono passati ormai più di ventiquattro anni da quell’evento non da poco, a questo punto nei più giovani lettori di queste note può – comprensibilmente – essere nato il desiderio di conoscere esattamente quando e perché Roberto Valoti ha avuto l’ambita onorificenza della quale dianzi si è fatto cenno. Il pilota nembrese ha ricevuto la medaglia d’oro al valore aeronautico dalle mani dell’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga, il 28 marzo 1992, nel settore militare dell’aeroporto di Linate. Trovandosi in quei giorni in visita a Milano e nei dintorni, il capo dello Stato (di quell’epoca) volle presenziare pure alla festa indetta dall’Aeronautica militare, appunto a Linate, nel 69° anniversario della propria fondazione. La medaglia d’oro assegnata a Roberto Valoti rientra in uno speciale tipo di riconoscimento che l’Arma “azzurra” istituì già nel 1927 per premiare propri appartenenti protagonisti di «atti di perizia e di filantropismo». Roberto Valoti l’ha avuta (la medaglia d’oro) con la seguente motivazione:

«Comandante di Amx (Roberto Valoti, NdR) affrontava una grave emergenza di volo a bassa quota con professionale determinazione. Per evitare di abbandonare l’aeromobile al disopra di una fitta cortina di nebbia e dirigerlo su una zona disabitata, decideva di restare ai comandi e rimandare fino al limite estremo il momento del lancio, che eseguiva quando percepiva il primo contatto con i sottostanti ostacoli. Liberatosi del paracadute si accorgeva che l’aeromobile, dopo essere rimbalzato, aveva causato l’incendio di un casolare. Benché ferito raggiungeva l’abitazione in fiamme e traeva in salvo una donna gravemente ustionata. In condizioni di volo particolarmente difficili il tenente Valoti dimostrava singolare perizia ed esponeva coscientemente la propria vita ad eccezionale rischio. Raro esempio di coraggio, sprezzo del pericolo e generoso altruismo da cui deriva onore e prestigio per l’Aeronautica italiana.».

Nel linguaggio della cronaca spicciola la storia è questa. Il fatto avvenne poco prima di mezzogiorno del 4 febbraio 1992. Roberto Valoti, che è nato il 13 febbraio 1966, stava allora per compiere i 26 anni. Aveva già fatto parte del ristretto gruppo di piloti italiani impegnati in missioni militari nella guerra del Golfo (sviluppatasi negli anni 1990/91 tra una coalizione  internazionale guidata dagli Stati Uniti e l’Iraq).

In quella mattinata Roberto Valoti, come tenente pilota inserito nel Terzo Stormo dell’aeronautica di stanza a Villafranca, nel Veronese, era impegnato in un volo di addestramento con un caccia bombardiere monoposto Amx (velivolo largo circa nove metri, lungo circa tredici poi diventato “di cattiva fama” a causa dei numerosi incidenti, anche gravi, che con esso capitarono).

Ad un certo punto, per di più in condizioni meteorologiche assai critiche, Roberto Valoti si accorse che il motore del suo aereo stava cedendo, perdendo colpi. In quel momento egli si trovava sopra l’abitato di San Pietro in Valle, nel territorio di Gazzo Veronese, ai confini con la provincia di Mantova. Constatata la gravità del guasto in atto e intuito quello che sarebbe capitato, fece di tutto per puntare l’aereo, che stava ormai precipitando, verso una zona di campagna, e poi si catapultò, con il paracadute, fuori dal velivolo, che finì in effetti in un campo di granoturco. Rottami dell’Amx, in parte disintegratosi, finirono però su una non lontana cascina e la incendiarono.

Nell’arrivare a terra nella medesima zona, Roberto Valoti si produsse seri guai fisici ad un piede e altre ferite.

Appena liberatosi del paracadute sentì invocazioni di aiuto arrivare dalla cascina in fiamme. Senza badare alle sue ferite, corse verso l’edificio, sfondò diverse porte, trovò la donna che gridava, la strappò dall’incendio che stava divampando; prese tra le braccia la signora – Marta Schirolli in Longhi, di 54 anni – e la portò in salvo all’esterno. Arrivarono presto i soccorritori.

Sia il pilota (ferito) sia la signora (gravemente ustionata) furono trasferiti in due diversi ospedali. Roberto Valoti (il quale pure aveva riportato ustioni) riuscì a riprendersi abbastanza rapidamente; la signora invece ebbe bisogno di lunghe terapie e di riabilitazioni; comunque se la cavò. Roberto Valoti andò più volte a trovarla sia in ospedale sia nella sua nuova casa. Marta Schirolli – che due volte era diventata mamma – gli diceva sempre: «Ti considero il mio terzo figlio! Grazie, grazie per quello che hai fatto!».

La vicenda portò, naturalmente, il pilota nembrese sulle prime pagine dei giornali.

Nei giorni nei quali ebbe la medaglia d’oro dal presidente della Repubblica, il 29 marzo 1992, Roberto Valoti fu invitato da Pippo Baudo alla trasmissione Domenica in, in onda su Raiuno. Anche in quella sede disse la frase diventatagli allora abituale: «Non sono un eroe! Ho fatto solo quello che ho sentito di dover fare, e che anche altri, nelle mie medesime situazioni, avrebbero fatto!».

Certo anche questa sua umiltà, questa sua umanità contribuì a procurargli la chiamata nella pattuglia aeronautica delle “Frecce tricolori”, nella quale è rimasto per cinque anni. Poi è passato alle dipendenze dell’Alitalia, per la quale tuttora lavora.

È sposato ed abita a Verona con la sua famiglia. Non appena può, torna a Nembro a trovare i suoi congiunti, la sorella Daniela e la mamma (il papà, Giuseppe, che fu a lungo l’“anima” dell’Avis nembrese, è morto da qualche tempo). Viene dalla mamma Miriam che – dice sorridendo Roberto Valoti – «quando mi vede arrivare ha sempre qualcosa da farmi fare subito nell’orto, oppure qualche cosa d’altro da sistemare in casa!».

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