Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre 2021

Testo proprietario di Claudio Pisu

Un’altra Freccia ci ha lasciato dopo Ennio Anticoli: il 10 giugno anche Giampietro Gropplero di Troppenburg ha raggiunto le altre stelle che hanno fatto grande la Pattuglia Acrobatica Nazionale.

Era nato a Genova il 15 marzo 1948 in una famiglia ove si respirava già l’ambiente del volo: il padre, Gianandrea Gropplero di Troppenburg, aveva fatto parte della Regia Aeronautica e, dopo l’armistizio, era entrato nelle fila della resistenza (con il nome di “Freccia”), ricevendo a fine conflitto la Medaglia d’oro al valor militare quale «Allievo pilota di non comuni qualità morali e militari […] Fulgido esempio di alto senso del dovere e di dedizione alla causa della libertà e della Patria.»

Il padre aveva sposato Adelaide “Dedi” Bonvicini, che aveva conosciuto in ambito partigiano e rivista poi a Bologna mentre studiava da ingegnere. Si erano poi trasferiti nella casa di lei in Liguria. È appunto lì che nasce Giampiero.

Una vita fatta di molti spostamenti che portarono poi la famiglia in Friuli, a Colloredo di Montalabano.

Nelle Frecce Tricolori, Giampiero era arrivato da Capitano il 5 novembre 1981, trasferito dal 14° Gruppo del 2° Stormo CTRL ed era entrato ufficialmente in formazione l’anno seguente come 2° fanalino.

Nel 1986 è ancora Pony 9 quando la Pattuglia affronta, tra luglio e settembre, il tour USA – Canada che li porterà ad esibirsi in 11 manifestazioni. Poi la promozione a “Maggiore”.

Da 1° fanalino aveva vissuto la tragedia di Ramstein: “Ho visto una vampata. Ho tirato su. Da rovescio mi sono subito reso conto che era successo qualcosa di veramente grave. Ho chiuso il looping e, con la mia sezione, ho raggiunto subito l’alternato. Le comunicazioni via radio erano concitate, vedevo colonne di fumo che si alzavano da terra. C’è stato un momento di grande disorientamento. […] È stata dura, più dura man mano che arrivavano le notizie e ci si rendeva conto più compiutamente di cosa fosse accaduto, dei tragici effetti della collisione sul pubblico. Dei tanti morti. Lo choc quasi insopportabile, ma si doveva fare fronte come si poteva alla situazione e trovare l’energia e la concentrazione per tornare a casa. Il volo di rientro a Rivolto è stato terribile. Io avevo Da Forno sul seggiolino posteriore. Abbiamo trovato tutte le famiglie in base; è stato un momento estremamente commovente, devastante” [ articolo ].

Il 28 giugno 1991 il ten. col. lasciava le Frecce Trcolori per prendere incarico di istruttore di volo della “Diatma” a Biserta (Tunisia) sul velivolo MB326 L e K, dopo aver passato anche l’ultimo anno in Pattuglia da 1° fanalino.

Il 2 giugno 2001 riceve l’onoreficenza quale Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Purtroppo quando non si ha la possibilità di conoscere le persone o sentire le impressioni di chi ci ha lavorato e/o vissuto assieme, si rischia una sterile enumerazione di progressi…

Di sicuro Giampietro Gropplero sarà stata una persona dal forte senso del dovere e grande umanità: doti indispensabili per far parte di un team come le Frecce Tricolori.

Il ricordo di Sergio Bernardini [ da Facebook ]

Credo che non esistano parole per esprimere uno stato d’animo così commovente.

Ci incontrammo al 14° Gruppo. Ci capimmo. Io invidiai la tua serenità d’animo, in virtù della quale spiccava la signorilità del tratto. Non ti sentii mai parlar male di qualcuno.

Ci inviarono alle Scuole insieme, Tu, Pino ed io. Quante avventure di volo in quel di Amendola! Quanti ristoranti, a fine attività. Ottime forchette, tutti e tre, ed ottimi volatori, la nostra passione non ci fece mai dire di no, alla richiesta di un volo in più; anche quando eravamo stanchissimi.

Alla fine dei nostro periodi da istruttori, io tornai a Treviso e tu, invece, coronasti la tua passione entrando a far parte del 313° Gruppo Frecce Tricolori. Il più prestigioso dell’Aeronautica Militare. La nostra amicizia continuò, sentendoci spesso e, una volta, volesti farmi provare nuove emozioni portandomi in volo con te durante un addestramento acrobatico.

Caro Amico, ora che tu sai molte cose più di me, sai anche che gli Amici, quelli con la “A” maiuscola, non muoiono mai. Sei stato un grande Pilota, ma ciò che ancor più ti fa onore è che sei sempre stato un Signore con il tuo prossimo.
Son certo che ci rivedremo. Magari mi darai una pacca sulla spalla, dicendomi “Vieni, ti presento il Principale!”.

Il ricordo di Gianpaolo Buccheri [ da Facebook ]

Mi stupì a Treviso perché volava senza antig. Solo al poligono la indossava.
E quando arrivavano i sottotenenti freschi dalle scuole di volo le prime “tacche” le facevano fare spesso a lui come leader.

Mai una parola di troppo, mai una di meno. Ringraziava sempre e se l’aereo aveva qualche magagnetta si assicurava che la linea non assegnasse quelle macchine a piloti giovani.
Da semplice specialista ho potuto apprezzarne le qualità.

Nobile di origine, nobile di persona.
Quando il prefisso N. H. assumeva un valore.

Morto l’ex pilota “Gianpi” Gropplero
Si salvò nell’incidente di Ramstein

di Viviana Zamarian
da Messaggero Veneto, 13 giugno 2021, p. 42

Aveva visto una vampata. E subito in volo aveva capito che era accaduto qualcosa di grave. Le comunicazioni via radio erano concitate mentre colonne di fumo si alzavano da terra.

Ricordava ogni istante dell’incidente di Ramstein il colonnello Gianpietro Gropplero di Troppenburg, ex pilota della Pan dal 1981 al 1991, morto a 73 anni vinto da una malattia.

Quel 28 agosto 1988 lui, che ricopriva la posizione di Pony 6 nell’allora formazione delle Frecce tricolori, in quella collisione aveva perso tre dei suoi compagni, il leader Mario Naldini, il solista Ivo Nutarelli e il primo gregario sinistro Giorgio Alessio.

«Per moltissimi anni – ricorda Alberto Moretti che da capoformazione in addestramento si ritrovò a essere il più anziano del gruppo e che quel maledetto giorno si trovava a Rivolto – abbiamo vissuto fianco a fianco e condiviso momenti bellissimi ma anche tragici. Non eravamo solo colleghi ma amici veri.

Gianpi, così lo chiamavamo tutti, merita di essere ricordato per la sua storia personale e per quella della sua famiglia e, soprattutto, per l’esempio che può rappresentare per tutti, soprattutto per alcuni giovani che badano molto all’apparenza e meno alla sostanza. Proprio il contrario di quanto è stato Gianpi».

«Il papà Gianandrea – prosegue – nella Seconda guerra mondiale si è distinto come pilota militare e poi come partigiano, con il nome di battaglia “Freccia”, si pensi al destino, ricevendo la Medaglia d’oro al valor militare. Dal
papà ha ereditato oltre al titolo nobiliare di conte, la compostezza e la signorilità che lo hanno contraddistinto nelle tappe della sua vita, soprattutto in quelle professionali».

È stato istruttore di volo e i suoi allievi l’hanno ricordato «come un Signore con la S maiuscola, sempre disponibile ad ascoltare e aiutare gli altri, un grande uomo e pilota. Sotto quel sorriso elargito a chiunque si nascondeva una forza d’animo e una determinazione incrollabile. Un senso del dovere e della responsabilità rari da trovare in una persona così ben equilibrati. Dopo Ramstein è stato determinante nella ricostruzione delle Frecce».

Lui prese per mano i piloti ricostruendo, in volo e a terra, «una compagine eccellente che ha ripreso a volare con fiducia – ricorda Moretti –. La sua arma più forte era l’esempio ».

I funerali dell’ex pilota, che lascia la moglie Claudia e due figli, saranno celebrati domani, alle 16, nel duomo di Buja dove risiedeva.

Tutte le foto sono di Alessandro Zucchelli alias Sandrino McCartney. Qui l’intero reportage da lui realizzato nel 1982, pubblicato su sua concessione.

di Alberto Moretti
da Aeronautica, anno 65, n° 7 / 2021, pp. 34 – 35

Se ne é andato in punta di piedi, come ha vissuto. Il Col. Pilota Gianpietro Gropplero di Troppenburg. Mercoledì 9 Giugno ha spiccato il volo verso quel cielo che è stato per moltissimi anni la sua seconda casa, e che ha solcato con onore con le Frecce Tricolori.

L’ho conosciuto ad Amendola nei 1978. Lui istruttore apprezzato ed affermato su G91T ed io allievo speranzoso di indossare l’Aquila di Pilota Militare, che veniva concessa (conquistata) al termine di quel corso impegnativo e fondamentale per il proseguimento dell’iter professionale. Ad Amendola si decideva e ci si giocava tutto, potevi essere dimesso e transitare al servizi, destinato ai plurimotori o alla linea caccia. Non ho avuto la fortuna di volare con Gianpi (così io chiamavano tutti), e invidiavo i compagni di corso che nel programma di volo leggevano vicino ai loro iI nome quello dell’istruttore “Cap. Gropplero“: da questo punto di vista era già una leggenda. Radio naia, diffusissima tra gli allievi, aveva ampiamente diffusa la graduatoria di quasi tutti gli istruttori che avremmo incontrato alla scuola di Amendola. C’era il duro ma buono, il durissimo e spigoloso, il manico, il mito etc. Le qualità professionali di tutti gli istruttori erano indubbie, quelle umane non altrettanto scontate. E su queste nessuno poteva competere con Gianpi e non perché fosse buono, ma perché dell’allievo era iI suo fratello maggiore. Lo sentivi accanto sempre, anche quando facevi l’esame o volavi con altri istruttori. Ti indirizzava nelle decisioni incoraggiandoti quando ne-cessario, ti confortava e soffriva con te se avevi problemi.

Poi ci siamo ritrovati entrambi ad essere assegnati nei 1981 alla PAN. Da quel momento un percorso insieme durato 10 anni ed un’amicizia solida che ci ha uniti fino alta fine, anche dopo che i percorsi professionali ci divisero.

Alle Frecce Tricolori abbiamo vissuto fianco a fianco e condiviso momenti bellissimi ma anche tragici. Non solo colleghi ma amici veri. Gianpi merita di essere ricordato per la sua storia personale e per quella della sua Famiglia, per l’esempio che può rappresentare per tutti, soprattutto per alcuni giovani, spesso molto più attenti all’apparenza che alla sostanza. Il contrario di quel che è stato Gianpi nel corso della sua non lunga vita. Eppure di cose da raccontare nel suo curriculum ne aveva, e avrebbe potuto con orgoglio e giustamente vantarsene.

Il Papà Gianandrea nei corso della seconda guerra mondiale si è distinto prima come pilota militare, ricevendo la Medaglia d’oro al Valore, poi come partigiano con il nome di battaglia “Freccia“: strane e imperscrutabili traiettorie la vita! Dal Papà ereditò, oltre al titolo nobiliare di Conte, la compostezza e la signorilità che lo hanno contraddistinto in tutte le tappe della sua vita e soprattutto in quelle professionali.

Sui social, molti dei suoi allievi di Amendola, lo hanno ricordato con messaggi di cordoglio, talvolta commoventi. Le parole più lette sono state: un Signore (con la maiuscola), un amico, sempre affidabile e disponibile ad ascoltare ed aiutare gli altri, un grande pilota. Il Generale Silvio Mollicone, suo istruttore ad Avendola, lo ha descritto come “l’allievo in assoluto il migliore, Aveva una naturale predisposizione per il volo acrobatico ed era un Signore in qualsiasi circostanza, sempre con il sorriso ed una serenissima nobiltà d’animo. Confermo tutto, parola per parola.

Aggiungo qualcosa che personalmente ho capito negli anni trascorsi assieme alle Frecce Tricolori. Sotto quel sorriso elargito a chiunque a piene mani si nascondeva una forza d’animo ed una determinazione incrollabile. Un senso dei dovere e della responsabilità che è raro trovare così ben equilibrati in una persona. Dopo la tragedia di Ramstein è stato determinante nella ricostruzione delle Frecce Tricolori. Pilota anziano e “Freccia” numero 6 della formazione, ha letteralmente preso per mano i nuovi giovani colleghi assegnati al Gruppo, contribuendo a rifondare, in volo e a terra, una compagine eccellente che ha ripreso a volare con fiducia.

Anche nei miei confronti, capo formazione dopo Ramstein, ha saputo accostarsi con sensibile intelligenza. Più giovane e meno esperto di Lui, ero diventato anche il suo Leader e Gianpi i ruoli li ha sempre riconosciuti e rispettati. Sapeva benissimo che i numeri 1 e 6, quest’ultimo leader della seconda formazione, sono le posizioni più importanti per iI volo e la sicurezza. Tra i due Piloti la sintonia a terra ed in volo doveva essere perfetta. Un’armonia che a terra si costruisce coni cosiddetti debriefing, ai circolo davanti un caffè, in volo attraverso comunicazioni radio frequenti e messaggi diretti e stringati, quasi in codice, incomprensibili per chiunque. Mi sembra di sentire la sua voce nei tanti difficili ricongiungimenti tra le nostre due sezioni: “Uno fuori – Sei dentro – Uno motore“. Erano ordini da Gianpi dati a tutta la formazione che venivano eseguiti alla lettera per non compromettere la sicurezza e lo spettacolo. Il “fuori e dentro” era riferito agli aerofreni che dovevano essere aperti o chiusi simultaneamente secondo l’ordine impartito, sia dalla prima che dalla seconda sezione. Nel secondo caso mi chiedeva di dare manetta e dal tono della voce riuscivo anche a percepire se darne tanta o poca per agevolare il ricongiungimento. Al contrario mi avrebbe semplicemente detto “socio riduci“.

La sua arma più forte e disarmante, che ha educato tantissimi Piloti, era l’esempio. Sarebbe una notizia degna di nota se qualcuno riportasse di aver visto Gianpi arrabbiarsi, alzare la voce, criticare qualcuno, rifiutarsi di ascoltare o aiutare un amico o un collega in difficoltà. Uomo e Amico Grandissimo, mi mancherà tanto. Mi dispiace che l’ultimo incontro che ci eravamo promessi di fare a pochi giorni dalla morte non sia avvenuto. Nel corso dell’ultima telefonata non mi aveva fatto intuire quanto grave fosse la situazione. Come sempre era lucido, sereno, conversatore brillante e sagace. Non avevo capito che era ormai in corto finale, col carrello e flaps fuori, pronto ad atterrare.

Te ne sei andato senza voler infastidire nessuno come hai sempre vissuto.

Gropplero nell’abitacolo del “339” del capoformazione Alberto Moretti al quale lo legava una profonda amicizia

1 commento

  1. Quando avevo 16 anni comperai una moto usata, da un concessionario, ed il nome del proprietario era proprio il suo.
    Non lo conobbi nè lo vidi mai.
    Mi fa piacere di avere usato per un paio di anni la moto di una freccia tricolore.
    Penso di avere ancora il libretto di circolazione. Lo cercherò per vedere un ricordo di una persona che, da quanto leggo sopra, sarebbe stato bello conoscere.

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