Ultimo aggiornamento: 16 Maggio 2019
Oggi proveremo a raccontare quanto lavoro e quale addestramento ci sono dietro una manifestazione delle Frecce Tricolori approfondendo il suggestivo “punto di vista” di Pony 10, quello che ruba la scena… il solista!
di Magg. Miriano Porri
da Sicurezza del Volo, Anno LXVI, n° 327, maggio/giugno 2018, p. 22 e segg.
Provate a chiedere a un bambino cosa vuole fareda grande, una delle prime risposte sarà molto probabilmente: pilotare un aereo! Se poi continuerete con le domande, altrettanto probabilmente la risposta potrebbe essere: uno dei piloti delle Frecce Tricolori!
Come non comprendere queste risposte, ripensando alle emozioni che tutti noi abbiamo provato durante ogni esibizione della Pattuglia Acrobatica Nazionale?
Le manovre e le evoluzioni che ci lasciano senza fiato per circa 30 minuti sono però solo la punta dell’iceberg di un immenso lavoro che ogni giorno impegna tutto il personale del 313° Gruppo Addestramento Acrobatico, che poi è soltanto la parte più visibile di tutto il lavoro svolto quotidianamente dalle donne e dagli uomini dell’Aeronautica Militare.
Nell’immaginario collettivo, le acrobazie delle Frecce Tricolori sono una delle cose che più si avvicinano all’idea di bellezza e perfezione dell’attività di volo.
Durante ogni esibizione si perde quasi il senso del tempo osservando l’alternanza di manovre dei nove elementi della formazione con i passaggi mozzafiato del solista. Vedendo il programma completo della PAN, così come viene svolto durante una manifestazione, forse non si riesce a concepire in maniera concreta quale sia il lungo iter che i piloti delle Pattuglia devono seguire per mesi.
Oggi proveremo a spiegare quanto lavoro e quale addestramento ci sono dietro una manifestazione delle Frecce Tricolori approfondendo il suggestivo “punto di vista” di Pony 10, quello che ruba la scena… il solista!
Ad accoglierci al nostro arrivo a Rivolto c’è il Tenente Colonnello Mirco Caffelli, Comandante del 313° G.A.A., il quale ci accompagna nella “casa” delle Frecce Tricolori, all’interno del 2° Stormo. Il clima che si respira presso la palazzina e le strutture 313° Gruppo è un indecifrabile misto tra sacralità e familiarità; da una parte ci sono pagine di storia aeronautica che si vedono scorrere sulle foto appese, dall’altra la semplicità con la quale il personale della PAN accoglie sempre
gli innumerevoli ospiti e i visitatori.
Tra le prime cose che il Comandante ci vuol trasmettere, infatti, c’è la bellezza di un’esperienza non solo operativa ma di vita; il sentirsi parte di un gruppo che va ben oltre l’ambito lavorativo.
Proprio per questo, ci dice, la selezione per l’ingresso in Pattuglia non si basa tanto sulle capacità professionali dei piloti, quanto invece sulle cosiddette non-technical skills, ossia l’abilità di saper gestire altre fondamentali dinamiche quali ad esempio quelle che intercorrono all’interno di un gruppo.
Il T.Col. Caffelli ci racconta che i piloti arrivano al 313° G.A.A. con alle spalle circa 700 ore di volo, provenienti da diversi enti dell’Aeronautica Militare per ritornare poi in altri Reparti Operativi alla fine di questa fantastica esperienza che li mantiene comunque pronti per un immediato impiego.
Subito dopo l’assegnazione, i nuovi piloti vivono la prima stagione alla PAN da “sacco”, in sostanza da spettatore con un punto di osservazione privilegiato su tutto quello che avviene prima, durante e dopo una manifestazione aerea.
Finito il calendario delle esibizioni, nel periodo ottobre-novembre inizia l’addestramento vero. Si inizia con il volo acrobatico, poi a volare in coppia, aumentando pian piano le difficoltà e il numero di velivoli con i quali interagire, in modo da svolgere un continuous training che porterà il neo assegnato ad essere idoneo a volare con tutta formazione già la successiva primavera, pronto per il fatidico debutto del 1° maggio.
Noi ci troviamo a Rivolto proprio in questa fase, siamo nell’ultima parte dell’addestramento e la formazione oggi andrà in volo al completo.
La giornata inizia con il solito briefing mattutino, dove gli esperti dei vari settori presentano la situazione meteo prevista, lo stato di efficienza dei velivoli e le attività di pubblica informazione in agenda.
Uno dei piloti più giovani cura poi l’aspetto della Sicurezza Volo ricordando, come ogni giorno, le modalità con cui gestire una delle possibili emergenze.
Si passa infine alla definizione del programma di volo previsto. Il Maggiore Gaetano Farina, Capoformazione, illustra in ogni minimo dettaglio la missione da volare, sottolineando gli obiettivi da raggiunge Il Comandante di Gruppo chiude il briefing fornendo le sue indicazioni finali inerenti aspetti operativi e di sicurezza ed è interessante vedere come la sua opera di supervisione sull’attività si concretizzi anche grazie alla demoltiplica dei Leader delle due Sezioni, Pony 1 e Pony 6, che sono appunto il Maggiore Farina e il Capitano Mattia Bortoluzzi. Al termine, ognuno dei piloti è indottrinato individualmente e con precisione su tutto lo sviluppo della missione che lo attende ed è assolutamente pronto per andare in volo.
La situazione meteorologica non impone particolari restrizioni, è tutto confermato: si va in volo! Iniziano le fasi di avvicinamento alla missione che si susseguono con estrema rapidità, i preparativi, la vestizione in sala equipaggiamenti, i caschi da indossare e in pochi minuti i piloti sono già ai velivoli.
Il rullaggio e il decollo sono scene familiari a tutti quelli che hanno assistito a una manifestazione aerea in giro per il mondo ma visti a Rivolto hanno una piccola sfumatura di intimità in più. Sembra quasi di andare a trovare un vecchio amico a casa sua.
Noi oggi siamo in volo con il Capitano Filippo Barbero, Pony 10, o più semplicemente… il solista della PAN!
Subito dopo il decollo ci ricongiungiamo agli altri velivoli, poiché il solista eseguirà la prima parte dell’esibizione insieme al resto della formazione. La cosa che colpisce di più in questi primi minuti è vedere la precisione con la quale gli MB-339 PAN eseguono le manovre mantenendo una distanza così ristretta tra loro.
La nostra leggera apprensione, causata semplicemente dall’inesperienza in questo tipo di attività, viene subito stemperata dalla voce tranquilla e cadenzata che ci arriva in cuffia direttamente dalla “biga”, che scandisce i tempi delle manovre con una precisione tale da farci tornare a respirare con calma.
Quello che sentiamo parlare è proprio il Comandante del Gruppo nella sua postazione privilegiata (la biga) che, grazie alla sua esperienza, fornisce fondamentali indicazioni inerenti sia gli aspetti squisitamente tecnici che quelli di sicurezza del volo.
Dopo aver effettuato la manovra del cardioide, l’enorme cuore che è tra le figure più conosciute e apprezzate dal pubblico, ci separiamo dal resto della pattuglia iniziando così la vera fase da solista, quella che prevede un’alternanza di manovre in solitaria e incroci con la formazione. In questa sequenza si esplicita la vera peculiarità del ruolo di Pony 10.
È una successione ininterrotta di emozioni e di adrenalina: tonneau e voli rovesci lungo l’asse della pista vengono eseguiti con la precisione che contraddistingue tutti i piloti delle Frecce. Ci accorgiamo però che il nostro pilota è impegnato in una continua ricerca di punti di riferimento a terra, mentre altri sembra addirittura trovarne in volo. Quello che possiamo apprezzare di più è il suo impegno nel mantenere in vista, per quanto possibile, i suoi compagni.
È proprio dal seggiolino dietro al Cap. Barbero che comprendiamo appieno cosa significhi veramente fare questo lavoro: vuol dire essere parte integrante di un team di professionisti, che sono poi i tuoi compagni di tutti i giorni, ma al contempo dover dare il massimo anche quando si è distante da loro.
Vuol dire essere un pezzo unico di uno stupendo insieme. Il tempo della missione trascorre molto velocemente, tanto che rimaniamo sorpresi quando scopriamo che tutti gli MB-339 si stanno portando all’atterraggio.
In pochi minuti gli aerei sono di nuovo in hangar e pronti a ricevere le cure degli specialisti mentre i piloti si apprestano ad effettuare il loro debriefing.
Il review della missione è un momento delicato e importantissimo, il personale della Frecce Tricolori si addestra con una cura maniacale per migliorare ogni giorno e raggiungere i livelli di perfezione che il pubblico potrà ammirare durante le prossime esibizioni.
I piloti della Pattuglia però non sono ancora completamente soddisfatti, vedono e rivedono la missione, ne parlano e cercano di capire dove e come si possa migliorare, perché come ogni professionista dell’A.M. sanno che c’è sempre un margine dove si può migliorare!
Finito il debriefing riusciamo a parlare con un po’ di tranquillità con il Capitano Filippo Barbero, colui che per un giorno è stato il nostro speciale pilota. Filippo ci racconta senza pause tutta la lunga trafila necessaria a diventare una delle persone più invidiate da tutti quelli che amano il volo.
Lui la riporta come una normale e naturale sequenza di eventi, è preciso e attento nell’esposizione e, come se fosse ancora ai comandi del suo velivolo, ci racconta delle selezioni, del momento in cui è stato scelto e pensava ad uno scherzo, dei primi voli e delle tanti missioni durante i mesi di addestramento.
Ci racconta la bellezza dei primi giorni e la difficoltà di un traguardo che si spostava sempre più avanti, si ricorda in particolare dell’emozione per la prima esibizione, con la famiglia presente, gli torna in mente il 50° anniversario della PAN, quando le cinquecentomila persone presenti coprivano tutto il prato.
La sua allegria contagiosa fa trascorrere i minuti come i suoi mesi e anni trascorsi alle Frecce, con emozione. I dettagli tecnici diventano forse meno importanti, ci dice tuttavia che i nuovi assegnati sono destinati a ricoprire inizialmente le posizioni di Pony 7, 8 o 9, quelle dei 3 gregari più esterni. Sono quelle più lontane dal leader, dove il volo è più movimentato ma dove non si possono generare interferenze a cascata verso altri elementi.
Con il passare degli anni avvengono poi variazioni all’interno della formazione, per un normale ricambio che eviti anche fenomeni di overconfidence in una specifica posizione.
Ci spiega che per arrivare a fare il solista servono almeno 3-5 anni in posizioni da gregario e che la scelta di questa figura tiene conto di tantissimi fattori, collegati principalmente all’anzianità di grado e all’avvicendamento del Comandante. Nello specifico, il solista viene scelto tra i gregari che abbiano già maturato un’esperienza necessaria a garantire la massima affidabilità da un punto di vista delle prestazioni, che è poi la caratteristica che viene ricercata in tutti i piloti già nella fase di selezione iniziale.
Durante il volo acrobatico ci sono infatti tantissime variabili esterne e dieci variabili interne che sono gli elementi della formazione, l’equilibrio diventa quindi una peculiarità irrinunciabile.
Ci facciamo raccontare quali siano le specificità tecniche della figura del solista e se questa sia davvero così particolare. Il Cap. Barbero ci dice che ogni posizione è ovviamente diversa dalle altre, ma quella del solista un po’ di più, tanto che si può gestire anche la fase di addestramento con una relativa autonomia, concentrandosi sull’affinamento dell’esecuzione delle manovre.
Le vere differenze sono però quelle che tutti possono apprezzare durante un’esibizione: oltre alla componente squisitamente tecnica ed estetica, infatti, una prerogativa devoluta al solista è il rispetto dei tempi di incrocio con il resto della formazione e di inserimento tra le varie figure, adeguandosi al ritmo impostato da Pony 1 in base alle contingenti situazioni meteorologiche o del luogo in cui si svolge la manifestazione. La nostra curiosità più grande però è sempre quella e a questo punto lo interrompiamo per chiedergli cosa significhi veramente e cosa si provi ad essere il solista della PAN. Lui si fa più serio e ricorda che all’inizio aveva dei dubbi su tante cose e si chiedeva se ci sarebbe riuscito, come è comprensibile che sia.
Riconosce però che è stata una fortuna immensa e che questo incarico gli ha dato tantissimo dal punto di vista umano e professionale.
Quando Filippo lascerà le Frecce Tricolori e diventerà uno dei piloti che conservano lo stemma del 313° Gruppo tra i ricordi dei Reparti passati.
Ammette un po’ a malincuore che da una parte è giusto che sia così, che il ricambio è necessario, perché questo Gruppo merita sempre nuova linfa e continui stimoli. Stiamo per salutare Filippo quando per un attimo ci torna in mente il bambino di cui parlavamo all’inizio, quello che ama gli aerei, quello che ama il volo e le Frecce Tricolori, quel bambino che in fondo siamo stati tutti noi. Gli chiediamo allora se tutto questo era proprio il suo sogno, se da piccolo immaginava qualcosa di simile.
Filippo ci pensa su, sorride ancora e ci dice: “In effetti non era il mio sogno da bambino, ma se adesso tornassi bambino sarebbe sicuramente il mio sogno”.