Ultimo aggiornamento: 7 Settembre 2021
Giunti ieri anche americani, francesi e inglesi - Le ‹Frecce tricolori» si esibiranno alla parata
da Il Piccolo, anno 87, n° 6765, 2 novembre 1968, p. 4
Al Comando Presidio, dove in tutti questi giorni si è. svolto un lavoro febbrile, il ritmo della preparazione della grande parata del 4 novembre è diventato da ieri addirittura frenetico. Con l’avvicinarsi della storica data, infatti, la mobilitazione e l’impegno in quegli uffici sono generali.
Nel pomeriggio, accolto dagli onori militari, è giunto il gruppo Bandiere più decorate della Grande Guerra, che viene custodito al Vittoriano. I gloriosi vessilli apriranno la sfilata militare di lunedì, alla presenza del Presidente della Repubblica.
Nella giornata di ieri sono arrivati nella nostra città — come annunciato — pure i reparti americani, inglesi e francesi che prenderanno parte alla parata sulle Rive, a testimoniare l’alleanza di quei Paesi nella Grande Guerra e l’amicizia dei giorni nostri. Come già rilevato, non hanno potuto invece raggiungere Trieste le truppe cecoslovacche, per cause di forza maggiore, purtroppo facilmente intuibili.
Iersera, nei saloni del Circolo ufficiali, il comandante del Presidio e il presidente della Azienda autonoma di soggiorno e turismo hanno offerto un ricevimento — al quale hanno partecipato le autorità — in onore degli ufficiali delle Forze Armate, dei Corpi armati, dello Stato e delle rappresentanze militari straniere che saranno presenti alle manifestazioni conclusive del cinquantesimo anniversario della Vittoria.
Oggi, intanto, sono attesi a Trieste il generale di Corpo d’Armata Vedovato, capo di Stato Maggiore della Difesa, e il generale di Corpo d’Armata Marchesi, capo di Stato Maggiore dell’Esercito, i quali coordineranno gli ultimi preparativi per la giornata del 4 novembre, Oggi, inoltre, cominceranno ad affluire nella nostra città i reparti provenienti dalle altre località, assieme ai mezzi bellici. Come noto, assieme alle Bandiere di guerra e ai medaglieri delle Associazioni combattentistiche e d’arma, sfileranno lungo le Rive 7.206 uomini, 30 pezzi d’artiglieria, 4 missili, 29 carri armati, 36 veicoli cingolati, 26 semoventi di artiglieria e 15 bande musicali e fanfare.
Altri particolari si sono appresi ieri sulla parata: quando il Capo dello Stato, dopo aver passato in rassegna i reparti, prenderà posto in tribuna, cominceranno ad apparire gli aerei leggeri, mentre per tutto il tempo che passerà il reggimento delle unità corazzate, nel cielo sfreccieranno gli aviogetti; nel finale, inoltre, farà la sua comparsa la pattuglia acrobatica nazionale, la quale effettuerà un’esibizione di alto ardimento, ripetendo le prodezze di cui si è resa più volte protagonista nei cieli di Campoformido e di Aviano.
Foto 1 da ipac.regione.fvg.it – Foto 2 e 3 da archivio.quirinale.it
Affettuoso abbraccio ai soldati in armi sfilati nel solco di un'ideale continuità
da Il Piccolo, anno 87, n° 6767, 5 novembre 1968, p. 4
E’ stato veramente, quello di Trieste, un grande, affettuoso abbraccio. Al Capo dello Stato, ai soldati d’Italia, a tutti coloro che fecero Trieste italiana. Esaltanti i discorsi, significative le manifestazioni: ma dove l’anima della città si è fatta entusiasmo e testimonianza di fede che mai viene meno, dove i triestini hanno dimostrato, spontaneamente, che il ricordo di mezzo secolo fa è più vivo che mai, è stato sulle Rive. Davanti a quel mare da cui spuntò, il 3 novembre 1918, la prua dell’«Audace» per ormeggiarsi al molo San Carlo, che doveva poi prendere, quasi a furor di popolo, il nome del cacciatorpediniere che portava qui l’Italia.
La cittadinanza ha risposto in pieno, spontaneamente, al richiamo ideale della Patria, presente sulle Rive con i suoi figli migliori: quelli di ieri e quelli di oggi. Al teatro «Verdi» si stava svolgendo la celebrazione ufficiale di «Trieste 68», e piazza dell’Unità d’Italia nereggiava di folla, che cercava di superare nel solco di un’ideale continuità le transenne per rafforzare quello che già ormai si delineava come un muro compatto di persone, in attesa della parata. E si che le condizioni atmosferiche non erano certamente delle più favorevoli: anzi.
Ma è stato proprio in quei momenti che si è rivelato, una volta di più, lo spirito dei triestini, I quali, insensibili al tempo ma sensibili all’importanza della manifestazione, hanno invaso tutto il percorso della sfilata, formando un blocco omogeneo, compatto, suddiviso su più file, accomunati alle migliaia di ex combattenti che hanno voluto raggiungere Trieste nell’eccezionale occasione. Quando la cerimonia al «Verdi si è conclusa, ogni posto era già stato preso d’assalto: sulle due tribune laterali, scoperte, dietro le transenne, sul terrazzo e alle finestre della sede del Commissariato di Governo e del palazzo del Lloyd Triestino. Tutto era diventato posto d’osservazione: della parata militare e della parte centrale del palco più grande, per vedere più da vicino possibile l’uomo che in quel momento rappresentava la Patria.
Pioveva, quando Saragat, a capo scoperto, ha iniziato a passare in rassegna i reparti schierati, mentre da bordo della unità navali gli equipaggi salutavano alla voce. Sono scrosciati i primi applausi, fervidissimi, rinnovatisi al momento in cui la vettura presidenziale si è accostata alla tribuna d’onore. Trieste, assieme al Capo dello Stato, si apprestava a celebrare il cinquantenario della sua Redenzione in piena comunità di spirito, nel commosso ricordo dei Caduti e con un senso di profonda riconoscenza per gli ex combattenti.
Si sono ripetuti, allora, i momenti esaltanti di intensa commozione che cinquant’anni fa i nostri nonni e i nostri padri avevano vissuto, con le lacrime agli occhi per la gioia più grande di loro, alla vista delle uniformi grigioverdi che rappresentavano gli ideali di Patria e di libertà. Si è avvertito subito l’intenso calore umano che si sprigionava da tutta quella folla: una folla affettuosa, partecipe, incredibile. Come incredibile, quasi, è stato l’apparire improvviso – come una visione – dell’arcobaleno, dietro le navi alla fonda nel bacino di San Giusto, proprio nel momento in cui sono sfilate davanti al Presidente della Repubblica le Medaglie d’oro. Il cielo, che un attimo prima era una impenetrabile cortina di nubi, a un tratto s’è squarciato, lasciando filtrare un raggio di sole. Poi la pioggia ha ripreso il sopravvento. ma quasi nessuno se ne è accorto, tanto che gli ombrelli sono rimasti chiusi perchè non schermassero lo spettacolo della parata, degli applausi.
La sfilata, tutta, è stata un trionfo: di disciplina, di bellezza, di forza. Ma un trionfo, anche, di quell’inestinguibile calore umano che solo Trieste sa esprimere, in occasioni come queste. All’ammirazione per i mezzi bellici presentati, si è unita la commozione per i medaglieri, testimonianza perenne ed eloquente di tanti atti di eroismo, di vite umane stroncate dal furore della guerra; e per gli ex combattenti, questi meravigliosi veterani che, nonostante il peso degli anni e i tanti chilometri che separano Trieste dalle loro case, hanno voluto qui ritornare, memori di quel 3 novembre 1918 che li vide protagonisti di una manifestazione delirante di gaudio. Sono passati su autocarri, bagnati ma felici, agitando le mani in direzione di Saragat e di quella folla straripante, che li osannava. Inoltre, la coreografica presenza dei reparti stranieri — inglese, francese e americano — con le loro divise multicolori e il ricordo del comune sacrificio di mezzo secolo addietro.
Mirabilmente fusi valore e coreografia
E Saragat a osservare tutto, a sorridere a tutti. Ma un saluto particolare, compiaciuto, ha voluto rivolgerlo al reparto di artiglieria da campagna, memore di aver indossato lui pure quella divisa, sul fronte del Carso», sull’Hermada e nella zona di Gorizia.
Fiori sulla «Sassari», in omaggio al reggimento qui di stanza. E altri fiori, tanti, al passaggio, naturalmente di corsa, dei bersaglieri. C’è stato, allora, un delirio di entusiasmo. Se mezzo secolo fa i triestini li accolsero con un tappeto di fiori, ieri il lancio di altri fiori ha scandito il loro passo di corsa. E dietro a loro son venuti i veterani, i reduci, piume al vento: correvano tutti, anche un cieco di guerra sorretto dal commilitone. L’applauso ha assunto proporzioni mai raggiunte.
Ad aprire la parata sono stati gli inglesi del King’s Regiment, seguiti dai francesi con chepì del 7.o Fucilieri di Marina e dagli americani del 30.o Artiglieria, tutti con bandiere e fanfare. I francesi hanno partecipato alla rassegna con il vessillo del Corpo di spedizione in Italia durante la grande guerra.
Nell’onda di entusiasmo così accesosi, avanguardia delle rinnovate Forze Armate sono apparsi i carabinieri in alta uniforme, seguiti dai marinai del Battaglione «San Marco» in giubba mimetica e basco nero. Ed ancora i marinai delle forze imbarcate, gli avieri, le guardie di finanza, le guardie di Pubblica Sicurezza, gli agenti di custodia e le guardie forestali (queste ultime per la prima volta viste a Trieste, con la loro bandiera e fanfara). Un saluto tutto particolare ha accolto il passaggio dei nuclei dei vigili del fuoco, con le più moderne attrezzature in dotazione, e della CRI, la cui opera di silenziosa abnegazione — rappresenta anche dalle gentili e generose crocerossine — è pane di tutti i giorni.
Valore e coreografia si sono fusi insieme. L’Esercito è la spina dorsale di ogni rivista militare. La fanteria gode, fra esso, del posto di preminenza perchè più diretta espressione delle virtù popolari. I fanti del 151.o «Sassari», del 59.o «Calabria» e dell’82.o «Torino» hanno offerto una dimostrazione di come quest’Arma sia diventata anche espressione di qualità. Sono sfilati con i fucili automatici di nuova dotazione, con le mitragliatrici capaci di mille colpi al minuto e con apparecchi ricetrasmittenti campali che assicurano il collegamento anche nei minimi livelli tattici.
Gli alpini e i bersaglieri sono le due specialità più note della Fanteria. È difficile dividere la simpatia. Trieste è legata alla montagna da vincoli affettivi che hanno forza di tradizione. La Brigata «Julia» è qui intervenuta con reparti dell’8.o reggimento e con quelli del 3.o artiglieria da montagna. E con loro la specialità nella specialità: sciatori e rocciatori. Sono sfilati con i lanciarazzi bazooka con gli obici da 105/14 e con il mulo meccanico «Tre per tre» che sfida ormai quello a quattro zampe. Al loro passo cadenzato dal ritmo pacato della famosa marcia «Trentatrè», ha fatto entusiasmante contrappunto il passo di corsa dei bersaglieri: due battaglioni dell’8.o reggimento «Ariete». Piume e squilli, folla in delirio.
Gli uomini e i mezzi. Agli obici dell’Artiglieria da campagna a traino meccanico hanno fatto seguito i missili «Honest John», il braccio corto e il braccio lungo dell’Artiglieria, di questa Arma in continuo divenire e che allinea ormai fra i suoi reparti un alto numero di unità semoventi, cioè dí bocche da fuoco poste su mezzi cingolati. L’Artiglieria semovente è stata rappresentata alla parata dal Sexton con obici da 105 e dagli 111-107 con bocca fuoco da 175 millimetri lunga dieci metri e mezzo: il più moderno pezzo degli Eserciti NATO.
I mezzi corazzati sono stati rappresentati dal «Piemonte Cavalleria», con i veicoli trasporto truppa M-113 anfibi, aviolanciabili e con carri armati da quarantacinque tonnellate e con bocca da fuoco da 90 millimetri. Cosa resta della vecchia Cavalleria? La tradizione e il coraggio di compiere l’estremo dovere con i guanti bianchi. E poi il Genio. Quest’Arma che sa lavorare e combattere. E’ sfi-lata con le autogrù di nuova dotazione, con gli elementi da ponte in lega leggera Krupp-Mann. E la Trasmissioni, l’Ar-ma intelligente che lega le gran-di unità e da loro voce. È sfilata con gli autocarri Shelter e con le apparecchiature a frequenze vettrici per i ponti radio.
In cielo l’Aeronautica ha dato spettacolo di coraggio e di tecnica. Le Frecce Tricolori sono la tradizione dell’antico coraggio del volo. I supersonici F-104 hanno portato il saluto della tecnica aviatoria più avanzata. Un sibilo ed erano già lontani.
Sul mare le navi come l’incrociatore «Doria» e il «Carabiniere», ultime nate della risorta flotta offrivano cornice del nuovo capitolo di storia aperto dalla nostra Marina.