Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio 2025

da “Casa Friuli”, Radio RAI, 19 febbraio 2019

Intervista radiofonica al Generale di Brigata Aerea Massimo Montanari, un asso delle Frecce Tricolori, dalla trasmissione “Casa Friuli”, andata in onda nei canali radio RAI.
Sotto, la trascrizione dell’intervista.

Generale di brigata aerea Massimo Montanari. Una vita nelle Frecce Tricolori, ecco quanti anni?

Gli anni sono un po’ complessi, ma è un periodo totale della mia attività. Questo è certo! Possono essere anche fino a 50 anni di totale sviluppo in campo volo. Alle Frecce Tricolori dal ’66 o, con meglio dire, dal ’67, come titolare fino agli anni ’82, poi un periodo di altri problemi, però si ricomincia nell’88 fino al termine della mia anzianità sia di grado che di servizio.

Come è stato l’emozione del primo giorno in cui sei entrato a far parte delle Frecce?

Una domanda un po’ complessa, molto intelligente, molto difficile a cui rispondere. Certamente molto, parlo oggi, molto preparato perché si arriva, ieri oggi e domani, alle Frecce Tricolori solo e esclusivamente con l’eccellenza precedente nel campo di lavoro, non sarebbe logico che uno non sia eccellente perché l’Aeronautica deve mettere per forse degli eccellenti.

Quante ore di volo? 

Ecco, le ore di volo oggi, una leggera differenza, sono inferiori, però c’è molta più capacità, di preparazione teorica che noi avevamo di meno. Noi avevamo solo, solo avevamo una certa capacità messa dal sistema NATO, quali piloti NATO, e volavamo con loro, avevamo la parte immediata valutativa, due più due fa quattro. Una cosa eccellente perché c’era un gioco di squadra, già negli anni ’60 e ’62 quando io sono entrato da giovane ragazzo proveniente da Modigliano, un paese eccezionale quanto vogliamo, però è storia.

Quali sono le qualità di un pilota delle Frecce Tricolori? 

La modestia è in assoluto perché più si è in alto, più si capisce che bisogna imparare, imparare vuol dire crescere. Già eravamo eccellenti come lo è tuttora, però questa
eccellenza deve essere programmata nel tempo e nello spazio.

Uno spirito di squadra…

Lo spirito di squadra, ecco… io l’ho imparato all’età… giovanissimo… che eravamo più liberi. Il latino, soprattutto il latino, che era già pilota prima di entrare in aeronatica,
a Forlì, col brevetto civile e così via non ha importanza, però questo enorme progresso che per noi era un po’ un’onda d’urto, una cultura che avevamo in maniera molto limitata.

Stiamo parlando di aeroplani…

Aeroplani e tecnologia. L’aereo è il mezzo che s’inserisce nella cultura nuova della giovane. S’inserisce in pieno. L’uomo, il ragazzo, ha come primo elemento l’aereo e la socializzazione, coerente sia tecnica che pratica e che culturale perché si volava strumentalmente in maniera elevatissima a quei tempi. Usavamo le macchine migliori della NATO, vedi l’F 84, il 104, eccetera, eccetera. Però era un volo, sia notturno che diurno, stranamente nuovo. Il VFR, che vuol dire il volo a vista perché gli strumenti che avevamo quei tempi erano sulle prime fasi e noi dovevamo acquisire fiducia, fiducia, fiducia nella tecnologia. Oggi ecco il rapporto se anche facciamo un po’ di confusione e proprio questo: la grande fiducia nel progresso perché ti dà il binario, abbraccia la tecnologia non solo di oggi, di domani, però fermo restando: ricordati il passato.

Parliamo del ’82. Fu cambiato l’aeroplano…

Negli anni 1983, io direi un po’ prima, sull’81, avemmo il termine del G91, una macchina eccezionale. Però all’epoca della NATO che la gente non tanto può capire, la macchina ha un’età calendariale di tot ore di volo. Chi prima raggiunge, la macchina termina. Il G91 per concludere ha terminato lasciando lo spazio ad una macchina nuova, una macchina della Macchi che l’aeroplano si chiama 339. Creato e formato dall’ingegner Bazzocchi, un grande capace che ha sbalordito il mondo nelle sue sapienze di ingegneria, di “Frampul”, di Forlimpopoli, molto capace. E facciamo un’unione insieme, di impiego completamente nuovo, un’avionica eccezionale: il 339. Una avionica estremamente avanzata.

Era una produzione italiana. 

Italiana, pienamente nuova con un fly director, il direttore di volo, su una tecnologia nuova molto ma molto impegnativa. E siamo riusciti sempre usando questi termine di cooperazione fra il pilota più anziano con la certa esperienza, con il pilota più giovane e meno esperienza, ma già inserito in campo tecnologico. Questa fusione fra questi pochi piloti, dieci piloti, di eccellenza unica è stato anche abbastanza facile all’inizio, però nell’impiego la macchina apparentemente più facile, ma con delle prestazioni di sicurezza – e qui come proprio spingo su questa parola – estremamente sicuro all’epoca e tutt’oggi.

Facciamo un passo indietro. Nell’anni 70 voi avete fatto quei famosi cerchi olympici a Ortisei. Fu un momento particolare. 

Questi cerchi olimpionici furono già usati prima, proprio nelle nostre montagne attraverso giochi e successi dell’Italia, dove l’Italia arrivava e emetteva questo simbolo in cielo.

La passione per l’Aeronautica nel nostro paese è molto forte: ci sono tanti club, tantissimi, addirittura possiamo dire nel mondo amici delle Frecce Tricolori.

Le posso dire questo, questi club, io essendo alla sicurezza del volo, la sicurezza del volo si espande attraverso le conoscenze, attraverso le amicizie: a quei tempi nostri grandi successi come tutt’ora – che sono addirittura superiori – io dico normale e naturale, guai al mondo non fosse. Però non dimentichiamo questi appassionati. Diamogli una spinta, stiamogli vicino, creiamo un piccolo club, un qualcosa: fu creato uno, da uno dieci, da dieci a cento, ora sono 140… non sono neanche. Non solo in Italia, ma nel mondo, soprattutto in Canada, soprattutto i friulani a Montreal, in quelle zone. In queste trasvolate, noi abbiamo fatto lungo il tragitto, tante manifestazioni legate ai nostri italiani nel mondo, ed è stato molto positivo e son nati il club.

Purtroppo ricordiamo anche un momento triste, un momento drammatico nella storia delle Frecce. Nel 1988 ci fu l’incidente di Ramstein, ecco lei era nella truppa in quel momento?

Io in quelle epoca ero in Somalia, addetto militare, avevo un’attività lì notevole, in un periodo molto complesso per la Somalia, ma lasciamo stare… Questo incidente fu un’incidente molto grave, certamente, ma come definirlo? Basta poco, basta poco. Non c’è colpa di nessuno, o c’è, non dico colpe, ci sono degli eventi sul quali si poteva far meglio, ma dopo! Ci sono state delle invasioni, troppa gente che sono usciti dai limiti, dei loro punti, dove la tribuna ha osservato, ha visto, purtroppo la parte centrale… un episodio dramatico… Però se ognuno di noi fosse rimasto nel loro posto, la sicurezza del volo di quell’epoca avrebbe ridotto l’incidente molto, o quasi del tutto, salvo gli operatori di sistema.

Dopo questo fatto ci fu un momento di crisi, ma le forze armate sostennero le Frecce tricolori e fecero in modo che tornassero a volare. Da quel momento i voli sono sempre di fronte al pubblico, giusto? 

Ossia, le teorie precedenti non erano diverse dalle teorie odierne. Questo insegna che il metodo delle grosse manifestazioni era corretto ieri, è corretto oggi, ed sarà corretto sicuramente e molto di più anche domani perché si migliora sempre, si ritocca, eccetera. Non è stato utile cambiare, bastava rispettarle. Oggi come oggi c’è una cosa da dire: pagando un certo scotto per i club e per gli aeroclub, occorrono purtroppo spazi maggiori. Spazi maggiori, uno dei protagonisti, sia io che miei colleghi, li abbiamo trovati sul mare.

Per chiudere quali sono i valori che le Frecce Tricolori portano del nostro paese in giro per il mondo. 

Guardi tanto perché io l’ho potuto vedere, sia il volo che a terra. Prima volavo e mi rendevo meno conto di ciò che avviene al suolo. Dopo, con altri problemi e altri impegni, si fa anche il direttore di manifestazione e ho potuto notare che l’uomo della strada – l’ho visto proprio curando i dettagli miei – noto questo grande interesse che hanno i giovani sul volo delle Frecce Tricolori. Vedi l’attenzione, il silenzio, sul lato mare in particolar modo. Io mi mettevo per motivi complessi e diversi in modo da poter vedere da direttore ogni movimento, sentivo, guardavo, osservavo, un’attenzione notevole.

25 minuti è il tempo…

Si, si. Posso dirvi in Sardegna al momento in cui passò per finale le Frecci Tricolori col suo arco – la bandiera più lunga del mondo così definita – i primi ad alzarsi in piedi che erano sedere nella rocce, erano gli stranieri, sugli attenti, dove tutti gli altri nel silenzio con l’inno italiano, cantato, che faceva veramente raddrizzare i peli. Una cosa…

La bandiera con i colori dell’Italia nel cielo e l’inno cantato dalla gente.
Generale, Lei ha nostalgia del volo?

Direi sì… non direi… dico sì, perché il volo per me è stata una vita primaria dove avuto la fortuna di cavarmela sufficientemente bene: per me ogni mattino era un sorriso andare a lavorare. Colui che ha questa fortuna, è talmente grande che chi l’ha avuta, non la sa neanche spiegare, è bello andare a lavorare dove ti piace, è bello andare a lavorare dove il tuo lavoro fiorisce a giorno per giorno, ti senti anche un pochino, peccando di presunzione, promotore di questo. Se il pilota non crede, se il pilota non conosce la metrologia che è la vita dove lui vive, se il pilota non conosce la tecnologia nuova, non abbraccia niente.

Non è un caso che la base aerea delle Frecce sia a Rivolto. 

Il Friuli è stato la culla dei grandi piloti. Il Friuli non è solo il Friuli, il Friuli è grande, è grande la sua storia. Sono grandi i piloti che hanno dato il via ai nostri aeroporti non solo di Campoformido ma del Triveneto, del Friuli e non del Friuli. Io essendo un romagnolo e venendo da questo settore dell’Italia, dopo aver girato il mondo, mi sono detto: “Che bella che è l’Italia!”. Parti da sud verso nord: trovi un mare stupendo, pieno di tutto. Si chiude con la città di Trieste, una delle città di grande interesse culturale. Si passa a sinistra volando come single pilot, sei solo, non è che hai tempo libero, ma osservi… le montagne, un capolavoro. Ti guardi al centro del friuli, vedi l’agricoltura ai vertici, vedi le sue stalle, la crescita in campo industriale, vedi la cultura del friulano nella sua semplicità: è un grande uomo!

3 commenti

  1. La semplicità di quest’uomo nella sua grandezza e’ una cosa strabiliante. Per chi e’ consapevole di chi e’ stato in tutta la sua lunga carriera lo e’ ancora di più. Provengo dal suo stesso paesello dell’Appennino tosco Emiliano ( Modigliana) . Se da 26 anni lavoro come pilota e’ anche grazie alla motivazione datami tanti anni fa ,dalla volontà di ragazzino, di emulare il grande Montanari. Grazie Massimino!!!

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