Ultimo aggiornamento: 27 Maggio 2022
a cura di Lodovica Palazzoli
da “Airplanes”, anno 7°, numero 4, maggio 2013, p. 13 e numero 13, settembre 2013, p. 9
[ qui l’intervista dell’anno precedente ]
Il capitano Marco Zoppitelli è il 1° Fanalino, il velivolo al centro del diamante tricolore; umbro, nato il 5 agosto 1977 e da diversi anni nel gruppo, svolge un ruolo di primo piano all’interno della PAN, essendo proprio lui alla guida del rombetto composto da quattro aeroplani, una volta avvenuta la separazione delle due sezioni.
Dopo tanti anni da “Pony 6” c’è ancora qualche “segreto” tra lei e il “macchino”?
Con questo velivolo forse pochi, vista anche la mia precedente esperienza da istruttore proprio con l’MB.339 presso la scuola di volo di Galatina, ma ce ne sono ancora molti con la posizione di “Pony 6”. La cosa è abbastanza incredibile, considerando anche che mi sembra ci sia sempre qualcosa da imparare, nonostante io ricopra questa medesima posizione ormai da cinque anni.
Ha una figura acrobatica preferita?
L’Arizona. Il passaggio dai fumi colorati a quelli bianchi durante la successiva trasformazione a rombo riesce sempre ad emozionarmi.
Cosa le ha dato e le lascerà indelebilmente l’esperienza al 313° Gruppo?
Senza alcun dubbio il contatto con il pubblico. È bellissimo atterrare dopo una manifestazione e vedere l’espressione della gente gioiosa, ma soprattutto orgogliosa di essere italiana.
Ci sono ancora sogni o progetti aeronautici nel cassetto?
Mi piacerebbe ritornare in una linea caccia operativa. Anche se ho qualche capello in meno, ho ancora molta voglia di fare.
Ci può descrivere il clima che si crea tra i piloti PAN?
Purtroppo a parole non riesco a descriverlo in maniera esauriente. Oltre che colleghi ci sentiamo un’unica grande famiglia; in volo massima professionalità e rispetto dei ruoli, ma poi a terra sempre tanta voglia di stare assieme in amicizia e serenità.
Ritorno in famiglia per una delle sue ultime manifestazioni in tuta blu per il cap. Marco Zoppitelli, attuale “Pony 6”, che dopo otto anni trascorsi nella Pattuglia Acrobatica Nazionale vede ormai volgere alla fine quest’esperienza.
Nato a pochi chilometri da qui, ci racconta con grande emozione quale significato abbia per lui, unico pilota umbro in PAN, concludere nel cielo di casa il sogno azzurro.
Qual è il bilancio che si sente di tirare al termine della sua esperienza in PAN?
La permanenza di oltre otto anni in pattuglia mi lascerà un segno indelebile: innanzi tutto essere un pilota delle “Frecce Tricolori” mi ha permesso di realizzare un’esperienza professionale al di fuori del comune, attraverso la collaborazione e il confronto con professionisti seri e preparati, sia della PAN che di altri team analoghi incontrati a livello internazionale.
Indimenticabili, poi, saranno le fortissime emozioni del volo acrobatico, ma in particolare il calore e la simpatia che la gente, prima e dopo ogni singola manifestazione, regala alle “Frecce”.
Qual è il momento che più le rimarrà impresso di questi anni in tuta blu?
Sicuramente la mia prima manifestazione italiana che, guarda caso, si è svolta proprio qui a Perugia. Ricordo benissimo il momento in cui, al termine del volo, ho visto tutti i miei familiari e gli amici d’infanzia pronti ad applaudire l’esibizione della Pattuglia, orgogliosi che ne facessi parte. Indimenticabile, sempre in quella occasione, è stato senza dubbio lo striscione scritto dai miei compaesani e affisso sulla torre di controllo: “Marco, San Feliciano vola con te”.
Cosa significa per lei tornare ancora una volta a pochi passi da casa per una delle ultime manifestazioni?
Considero un regalo meraviglioso avere l’opportunità di volare per una delle ultime uscite da pilota delle “Frecce Tricolori” proprio sul Lago Trasimeno: mi piace l’idea di concludere questa esperienza così come l’ho cominciata otto anni fa, nei cieli di casa.
Cosa le mancherà di più dell’essere parte dei 10 “Pony”?
Mi mancherà la certezza di far parte di un gruppo estremamente coeso e affiatato. Sono convinto che uno degli aspetti vincenti delle “Frecce Tricolori” sia la capacità di tutti di mantenere sul lavoro un comportamento estremamente professionale, nel rispetto dei diversi ruoli, e di avere allo stesso tempo, tolta la tuta blu, un legame di sincera amicizia